giovedì, Aprile 25, 2024

Tomorrowland – Il mondo di domani di Brad Bird: la recensione

La premiere HBO di Westworld prodotta da Jonathan Nolan, J. J. Abrams e Jerry Weintraub non ha ancora una data precisa per la programmazione, gli appassionati di fantascienza dovranno attendere ancora un po’ per la riapertura del parco di divertimento nato agli inizi degli anni settanta dalla mente di Michael Crichton; nel frattempo è possibile comprare un biglietto per accedere a Tomorrowland.

L’ultima produzione Disney è affidata ad un animatore dalla grande esperienza come Brad Bird, allevato nei noti studios, svezzato dalla factory di Spielberg e tornato al cinema live action con Mission: Impossible – Protocollo Fantasma dopo l’esperienza con la Pixar per la quale aveva realizzato i suoi film più riusciti, Gli Incredibili e Ratatouille.

Prodotto e scritto insieme alla penna contorta di Damon Lindelof (Lost, Prometheus) Tomorrowland rientra a pieno titolo in quel processo di mutazione che la Disney sta attraversando, tra contaminazioni, innesti non troppo riusciti e vitali sconfinamenti,  a questo giro cercando di veicolare un messaggio di resistenza “etica” in sintonia con le proprie radici, messe in discussione a più riprese dalla libertà combinatoria di Brad Bird.

Se il regista di Kalispell costruisce il suo film senza abbandonare lo spirito del miglior cinema d’animazione, riuscendo così a mantenere un ritmo furibondo per tutta la prima parte, le necessità del brand e il contributo cervellotico di Lindelof, sceneggiatore che ha sempre misurato la sua abilità attraverso l’accumulo di trovate, rischiano di depotenziare le ottime premesse.

È una contraddizione evidente, ma proprio per questo rende il film un’esperienza affascinante e sottoposta a continui rovesciamenti, senza che il pensiero positivo Disneyano prenda il sopravvento, almeno fino a un certo punto, e il puzzle quantistico annichilisca tutto quanto in uno spazio concettuale fuori luogo.
Brad Bird ha una visione totalmente ludica del set e dentro ci mette moltissimi elementi, tra cui il racconto di formazione spielberghiano, la tradizione delle amazing stories e la rielaborazione della delirante violenza slapstick di Tex Avery, come accadeva con Joe Dante quando ripercorreva a modo suo il viaggio allucinante di Fleischer, stiracchiando la faccia di Martin Short.

Se non si fa caso all’impalcatura teorica che di tanto in tanto appesantisce l’insieme, la relazione dimensionale tra i due mondi viene affrontata da Bird con quel talento visionario che in ogni passaggio cerca l’occasione per giocare con la mutazione a vista dello spazio.
Il parco giochi non è rappresentato solo dall’orizzonte illusorio di Tomorrowland, quadretto retro-futurista pienamente Disneyano, di volta in volta ologramma, miraggio, immagine pubblicitaria, paese delle meraviglie, ma prende forma dentro la realtà manipolata del set nella furiosa violenza tra corpi e oggetti, la cui origine sembra quella del luna park guasto di Westworld.
Un riferimento, quello legato alla distopia Crichtoniana che ci è sembrato semplice e geniale allo stesso tempo, per il continuo muoversi tra cinismo e divertimento, buoni sentimenti e carcasse di un mondo perduto.
Le amputazioni e le decapitazioni degli androidi così come l’investimento improvviso di Athena (Raffey Cassidy) giocano sullo scarto tra la spietata brutalità e l’innocenza con la quale si smonterebbe un giocattolo per il gusto di romperlo; è uno slittamento di senso legato a quella tradizione che procede dai cartoons prodotti da Leon Schlesinger, Bird non la rinnova, ma la interpreta con la passione di chi riesce a trovare connessioni stimolanti tra mondi apparentemente inconciliabili.

Proprio Michael Chricton nel 1973 cominciava a scrivere  “Il mondo dei robot” dopo aver visto gli astronauti del Kennedy Space Center costretti ad un addestramento dai ritmi disumanizzanti e per contrasto, l’incredibile umanità dell’automa di Abramo Lincoln esposto a partire dai primi anni sessanta a Disneyland, primo animatronic modellato sulla figura umana. Tomorrowland incorpora la contraddizione di cui parlava Chricton in una battaglia tra le radici più amorali del cartoon e la pressione del brand Disney nel tentativo di sbarazzarsi del nichilismo contemporaneo, anche all’interno delle produzioni cinematografiche più recenti.

Il mondo entro cui ambientare la battaglia è appunto il parco giochi,  tra la fine del sogno disneyano di Westworld e la sua rinascita mediante l’incorporamento di altre mitologie, dalla science fiction all’universo Marvel.

Che il dissidio si risolva imboccando la strada di una completa realizzazione del pensiero positivo non è così scontato, almeno nella prima parte del film come si diceva, perché nei continui innesti e rovesciamenti di prospettiva è difficile capire fino a che punto Brad Bird voglia spingersi e sopratutto quale sia il suo bersaglio tra buoni e cattivi sentimenti; in questo senso, il movimento del rollercoaster assolve perfettamente la sua funzione, tra disorientamento e astrazione nella velocità.

 

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker e un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana. È un critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media. Produce audiovisivi

ARTICOLI SIMILI

CINEMA UCRAINO

Cinema Ucrainospot_img

INDIE-EYE SU YOUTUBE

Indie-eye Su Youtubespot_img

FESTIVAL

ECONTENT AWARD 2015

spot_img