venerdì, Marzo 29, 2024

Tulpa – Perdizioni Mortali di Federico Zampaglione, la recensione del Blu-ray

Considerare, ad oggi, Federico Zampaglione l’unico prosecutore di un certo cinema di genere, che trovò il suo periodo d’oro con Mario Bava, Lucio Fulci e Dario Argento (quando ancora era Dario Argento), non sarebbe errato, comprova ne è il riuscitissimo Tulpa, film che si riallaccia a quell’estetica e a quelle modalità produttive.

Più che un semplice lavoro di assemblaggio postmoderno, le citazioni (sia implicite che esplicite) contenute nel film si configurano come puri spunti dai quali far germogliare una nuova e originale storia che, pur rimandando alle suggestioni di una stagione specifica del cinema Italiano, fa irruzione a testa alta in quell’archivio di opere intramontabili. Tulpa è quindi, in quest’ottica, un instant classic.
Per i cultori del genere risulterebbe impossibile non notare dei rimandi al Sei donne per l’assassino (1964) di Bava, per la trovata del serial killer dal volto coperto ed il senso di astrazione che ne consegue; così come non potrebbe non ricordare il gusto splatter alla Fulci, per le geniali quanto sadiche torture inflitte alle vittime; ed un immancabile rimando allo stesso Argento di Profondo Rosso (1975) per la scena del feroce assassinio di Crisula Stafida ustionata in volto con dell’olio bollente, come nella celebre scena della vasca da bagno nel film di Argento. Un rimando e una riscrittura di quelle soluzioni, la tessitura di una nuova veste sulla memoria di un cinema che non si fa più.

Ma Zampaglione si spinge oltre. Se il rimando esplicito a “Sei donne…” è quello relativo al look dell’assassino, il regista romano sostituisce la fascinazione coloristica ed estetica del film di Bava con toni che accentuano la condizione interiore ed esteriore della protagonista. Colori freddi e luci al neon, come quelle degli austeri uffici in cui si muove nella sua vita diurna Lisa Boeri (Claudia Gerini), alternati alle tonalità più calde del mistico club Tulpa, che ricorda l’abile lavoro cromatico nel cinema di David Lynch (Twin Peaks, Mulholland Drive). Un parallelo azzardato forse, ma che trova forza nell’aurea spiritualista di cui è pervasa l’intera vicenda.
Un film che cerca di recuperare non solo gli aspetti più evidenti di un certo cinema Italiano, ma anche quelli più intimamente ideologici, come ad indicarci una via ancora possibile (?) per salvarci da quel pantano dove sembra sprofondare senza sosta il nostro cinema. Un recupero, sia chiaro, non tanto di quei codici estetici e narratologici, quanto di quelle modalità produttive, libere dalle imposizioni delle major e dai pregiudizi della critica snob, come tentativo di riavvicinarsi al gusto popolare, e allo stesso modo ad un cinema di ricerca.

Basta pensare alla scelta delle location, vicinissima alle ambientazioni del cinema di genere prodotto in Italia (horror e fantascienza). L’obiettivo grandangolare segue Lisa Boeri nel suo jogging mattutino lungo le architetture futuristiche del quartiere EUR di Roma. Quel quartiere iper-sfruttato dalle piccole produzioni degli anni 70 a cui sarebbe costata troppo una ricostruzione ad hoc nei teatri di Cinecittà. Bava, Margheriti, Freda e tutta una generazione riuscì a dar vita a molteplici ed eterogenei mondi partendo dalla stessa reale ambientazione: l’EUR di Roma.  Si esce, anche in questo contesto, dalla logica di museizzazione nostalgica del cinema “cult” Italiano, con il coraggio di riproporne le ricetta da un’angolatura inedita.
Il lavoro cromatico di cui si è detto trova forza anche grazie all’uso del digitale. L’adozione di una DSLR come la Canon EOS 5D risponde appunto a quella logica produttiva low budget, ma allo stesso tempo ne trae forza per una originale ricercatezza espressiva. Le inquadrature instabili e spesso fuori fuoco assumono un imprinting tensivo e disturbante, grazie anche alle musiche e ai suoni, che nella versione blu-ray vengono ulteriormente migliorati.

La sezione extra del blu-ray è molto ricca ed esaustiva. Oltre al trailer d’ordinanza e ad una ricca galleria forografica, i contenuti includono un bel backstage realizzato da Massimiliano Zeuli, attore e videomaker che affronta il “making of” con una forma documentaristica più solida della norma con l’idea di realizzare una ricostruzione progressiva dell’opera. Passano quindi in rassegna interviste a tutti coloro che ci hanno lavorato, dal regista allo sceneggiatore, fino al cast principale e alla crew tecnica.

Nessuna sezione viene trascurata, perché tutte riconosciute come essenziali per concorrere alla realizzazione sinergica di un prodotto coerente in toto. È così che si passa dalla fase di scrittura alla realizzazione, fino alla elaborazione della colonna sonora e al make-up degli attori. Fase essenziale quest’ultima, in un film che dimostra più volte amore per il cinema di Fulci, e per il suo cinema “prostetico”, che nel film di Zampaglione rimane a metà tra gusto gore estremo e finitura del dettaglio alla Dario Argento. Quello di Zeuli è quindi un lavoro complementare ed essenziale per la comprensione dei meccanismi dell’opera, ma assume anche un valore del tutto “celebrativo”, nella prospettiva che Tulpa assuma presto lo status di “culto” del genere.

 

Andrea Schiavone
Andrea Schiavone
Andrea Schiavone, appassionato di cinema ha deciso di intraprendere studi universitari in ambito cinematografico. Laureatosi in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza di Roma ed attualmente studente magistrale in Cinema, Televisione e New Media alla IULM di Milano.

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