venerdì, Marzo 29, 2024

Oktober November di Götz Spielmann al Trieste Film Festival 2014

Nel corroborante scenario delle Alpi austriache, fra piccole città e grandi boschi, verdi declivi e colori autunnali, dopo Revanche, candidato all’Oscar 2009 come miglior film straniero, Götz Spielmann torna a raccontare una storia di uomini e donne, solitudini e buoni sentimenti, sogni e delusioni, identità perdute e ritrovate.
Il tutto in un solido, vecchio albergo usato come tale solo in rari casi, per comitive di devoti pellegrini in cerca di santuari locali dove pregare a contatto con la natura, per il resto ormai solo abitazione del vecchio oste, massiccio e cardiopatico (Peter Simonischek), sua figlia Verena ( Ursula Strauss), spilungona frustrata che cerca compensazioni fra le braccia (per la verità piuttosto rigide) del bel doktor (Sebastian Koch) autoesiliatosi dal consorzio umano in una bella baita tra i boschi, (ma non sapremo il perché del suo eremitaggio), il figlioletto super-amato e videogiocatore e il marito buono che non si accorge mai assolutamente di niente, mentre solerte fa lavori elettrici e quant’altro in casa, da buon cucciolone rassicurante e domestico.
Il tocco perverso lo dà Sonja ( Nora von Waldstätten ) sorella minore belloccia che vive a Berlino e fa l’ attrice di soap di successo tale che perfino una pellegrina la riconosce quella volta che Sonja torna a casetta fra i monti. Ma andiamo con ordine: Sonja è una donna tormentata. Bellezza, successo, sesso facile con uomini che l’adorano (dell’ultimo amante abbandonato arriviamo perfino a temere la trasformazione in stalker, ma poi tutto torna normale) buoni guadagni e una bella casa dove ripassare il copione seduta su morbida moquette con ottimo bianco in grandi calici di purissimo cristallo, ebbene, tutto questo non basta a renderla felice. C’è un segreto nella sua vita che le svelerà il vecchio padre, quasi in punto di morte.
Diciamo “quasi” perché prima che il vecchio tiri le cuoia ce ne vuole. Ma, al momento opportuno, seguiremo tutta la sua agonia e sarà un’esperienza utile per imparare come vanno effettivamente le cose in articulo mortis. Nel frattempo le riprese della soap sono terminate, Sonja si prende una vacanzella tornando a casa, la sorella non sembra felice (e ne ha ben donde, poco manca che Sonja seduca anche il bravo doktor di campagna) il nipotino è contento perchè sa che la zia gli porta sempre un regalo e il cognato… niente, non conta mai niente.
Non fa in tempo, la nostra Sonja, a tornare fra i casini suoi a Berlino che la richiamano indietro sul letto di morte del vecchio padre.
Si veleggia così felicemente verso il finale.Nel frattempo sono passai due mesi, Ottobre e Novembre, per l’appunto, il cognato ritira sedie e tavoli dal terrazzo perché, dice, “Sta arrivando l’inverno” (ed è la cosa più lunga che dice) e le due sorelle si ritrovano sulle due altalene solitarie nel prato verde che guarda a valle, verso le malghe e i pascoli.
“Film di formaggio fatto in casa” è la definizione più calzante per un prodotto così apertamente televisivo da contenere in nuce lo sviluppo di un’intera serie, capace di durare anche qualche anno. E invece no, Spielmann ne fa un film e ci spiega che voleva… “… raccontare una storia nel modo modo più preciso, più semplice e più intenso possibile”.

E in effetti ci è riuscito. Peccato non sia cinema!

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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