venerdì, Aprile 19, 2024

Locarno 64 – The Loneliest Planet di Julia Loktev (Usa-Germania, 2011)

Coppia di fidanzati in vista di matrimonio, giovani, belli e innamorati, ispanico lui americana lei, dolcemente impegnati nel viaggio tipico dell’immaginario Lonely Planet: zaino in spalla, scarpe comode, intraprendenza da avventurieri e tanta voglia di abbracciare le usanze locali e di ascoltare i rudi aneddoti di Dato, la guida ingaggiata per farsi mostrare i posti più suggestivi dei monti georgiani. l’idillio si sgretola improvvisamente di fronte ad un inaspettato passo falso: una comprensibile debolezza istintiva durante un imprevisto avrà conseguenze sulle dinamiche ben oltre quanto l’apparente lieto fine dell’incidente faccia presagire.
Le asprezze da sublime romantico del Caucaso Georgiano diventano così non solo teatro e atmosferica ambientazione della vicenda, ma impietosa cassa di risonanza per un disagio privato, che riecheggia come un rombo nelle valli silenzioso proprio come i boati causati dalle slavine di pietra. la lentezza e le insidie del cammino, la dimesione spartana del campeggio, lo spaesamento di fronte ad un paradiso che si é dimostrato inospitale e indifferente, il confronto intimo con la guida locale, fungono da nuda e impassibile trappola psicologica per il rapporto tra i due fidanzati, messi alla prova nelle proprie sicurezze di amanti e nell’ingenua presunzione del loro “turismo illuminato”. Il viaggio affrontato dalla troupe e dai due attori principali (Gael Garcia Bernal e Hani Furstemberg, estremamente convincenti) al fianco di una vera guida del posto contribuisce in maniera decisiva all’efficacia del film, dal quale trapela un autentico alone di scoperta e timore. La Loktev, da par suo, dimostra un talento notevole nel costruire una storia di coinvolgenti minuzie e sottili dinamiche interpersonali: alternando lunghi totali pittorici, insistiti campi medi a spalla per mostrare la prossemica tra i personaggi e dettagli apparentemente superflui, la regista lascia trasparire dalle immagini il respiro dilatato del viaggio insieme al crescere e all’affievolirsi delle tensioni. Le poche parole spese dai personaggi ne pennellano perfettamente i caratteri e contribuiscono ad amplificare l’affascinante e al contempo rischiosa atmosfera di spaesamento dell’ambientazione: il georgiano non sottotitolato, l’inglese tentennante di Dato e persino il giocoso spagnolo scolastico della protagonista si uniscono a ponti precari, rumori minacciosi e torrenti da attraversare nel mantenere intatto il senso di imminente pericolo, conflitto, incomprensione. La somma di questi pregi ci consegna un film genuinamente indipendente, per nulla alla mercé del (presunto) divo Bernal, perfettamente proporzionato tra mezzi e ambizioni e dotato di una sensibilità rara nel fondersi con ambienti e personaggi. Senza dubbio, una delle pellicole piú belle del concorso e meritevole di essere premiate qui a Locarno.

Alfonso Mastrantonio
Alfonso Mastrantonio
Alfonso Mastrantonio, prodotto dell'annata '85, scrive di cinema sul web dai tempi dei modem 56k. Nella vita si è messo in testa di fare cose che gli piacciano, quindi si è laureato in Linguaggi dei Media, specializzato in Cinema e crede ancora di poterci tirare fuori un lavoro. Vive a Milano, si occupa di nuovi media e, finchè lo fanno entrare, frequenta selezioni e giurie di festival cinematografici.

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