martedì, Marzo 19, 2024

Musica per cefalopodi e colombi selvatici, l’esordio dei Band Bunker Club

È sempre bello notare che i fedeli alla linea, anche quando la linea non c’è, prima o poi palesano la propria presenza e rivelano la profonda fascinazione che l’amalgama emiliana ha avuto e ha tutt’ora sulla musica italiana. È l’esempio di Band Bunker Club, o meglio BBC per recuperare il gradevole utilizzo delle abbreviazioni di scuola ferrettiana, formazione di stanza ad Asti che con Musica per cefalopodi e colombi selvatici sigla il proprio disco d’esordio.

A metà fra la profondità dei mari regno dei cefalopodi e l’orizzonte arioso dei colombi selvatici, i Band Bunker Club si appropriano di un altro elemento, la terra, per dare spazio alle undici tracce dell’album. Partendo dalla dedicatoria corale de Il giorno che tutto cambierà (video in esclusiva qui su indie-eye), l’album abbandona immediatamente il suo aspetto più cauto e delicato per abbracciare un punk ruvido e minimale, dove i testi sono sparati come raffiche infuocate di disappunto. Via libera quindi a Lavoro e alla sua implacabile descrizione degli ingranaggi dell’industrializzazione , all’asse immaginario che unisce – perlomeno nelle intenzioni – il Piemonte a Berlino (Io vorrei gioire) fino al racconto arcaico de Il tempo perso, fra i pezzi migliori dell’album. E ancora l’urlo stridulo di Elisabetta Morando in Popolo Bue o l’inquietante racconto in Gaia (Fontane Bianche) impreziosito dalla parte in siciliano tratta da Stranizza d’Amuri di Battiato. A rinsaldare dialogo a distanza fra Francesco Casabianca (voce, chitarra e autore della maggior parte dei testi e delle musiche dell’album) e i reggiani del punk-filosovietico, si aggiungono le analogie con il cantato di Giovanni Lindo Ferretti, specialmente per via di quel favellare che non cela la cadenza tipicamente regionale ma, tutt’altro, fa delle classiche inflessioni fonetiche un aspetto caratterizzate e melodico. Inoltre, la scelta inusuale di inserire nella line-up delle esecuzioni live, la performance della ballerina Irene Icardi, unendo così l’aspetto visivo a quello sonoro, richiama ai primi (folli) concerti dei CCCP nei quartieri berlinesi.

Un disco che inevitabilmente tocca le corde degli amanti di un certo punk italiano, da quello ruvido ideologico dei CCCP/C.S.I., a quello embrionale, scoperto e battezzato proprio dai C.S.I. dei primi Marlene Kuntz, fino a giungere alla prosodia degli Offlaga Disco Pax.
E allora Enjoy BBC.

Giulia Bertuzzi
Giulia Bertuzzi
Giulia vede la luce (al neon) tra le corsie dell'ospedale di Brescia. Studia in città nebbiose, cambia case, letti e comuni. Si laurea, diventa giornalista pubblicista. Da sempre macina chilometri per i concerti e guadagna spesso la prima fila.

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