martedì, Marzo 19, 2024

The Gentlemen’s Agreement – Apocalypse Town: la recensione

Sembra ormai che per far parlare di un disco più della musica in esso contenuta sia necessaria una storia particolare ed interessante sulla sua realizzazione da dare in pasto ai giornalisti e al pubblico, una moda iniziata nella capanna nei boschi di Bon Iver e proseguita in vari modi, fino a giungere ai campani The Gentlemen’s Agreement, il cui Apocalypse Town è stato finanziato e prodotto ricorrendo unicamente al baratto.
In questo caso la modalità produttiva non è però slegata dal messaggio che l’opera vuole comunicare, non è un semplice corollario alla bellezza o meno dei brani. In questo Apocalypse Town i Gentlemen’s Agreement si interrogano infatti sulla fine della società industriale e del sistema metropolitano ad esso connesso, immaginandosi un vero e proprio ritorno ad Arcadia, alla vita dei campi e ai suoi ritmi lenti, legati a quelli della natura, a una forma di economia e di sussistenza antica ma al tempo stesso secondo loro futuribile.
Non sono un profondo conoscitore delle teorie di Latouche e della decrescita felice, anche se ammetto in opposizione ad esse di provare una certa “nostalgia per il non-vissuto” verso l’epopea industriale di luoghi come Sesto San Giovanni, quindi mi limito a descrivere e a giudicare la faccenda ed il disco dal punto di vista artistico.
Dico quindi che il disco funziona molto bene: i colori, i ritmi e i suoni utilizzati dai cinque napoletani riescono infatti a far appassionare l’ascoltatore alla storia narrata, passando dalla cupezza e dalla concitazione del mondo industriale alla pace e alla serenità del nuovo mondo da loro immaginato. Se nella prima parte dell’album il folk proposto ha dei retaggi vagamente industrial o comunque oscuri, soprattutto nelle ritmiche metalliche e materiche, nella seconda parte emerge invece il lato più solare della musica dei Gentlemen’s Agreement, legato al Sud America e al Brasile in particolare. Ascoltate ad esempio Moloch, che cita Metropolis di Lang, o l’ossessiva Dire… Direttore! e confrontatele con Adeus, che esalta la sacralità della terra con nel cuore i ritmi di Gilberto Gil, o Il tempo del sogno, con la sua atmosfera da festa rilassata, e capirete appieno ciò che la band campana vuole comunicare, oltre ad ascoltare delle belle canzoni, che rimane comunque la cosa più importante.
Il nostro augurio per i Gentlemen’s Agreement è quindi che non si dedichino all’agricoltura o che, nel caso lo facciano, trovino comunque il tempo per dedicarsi alla loro musica, che potrà sicuramente darci altre soddisfazioni.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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