venerdì, Marzo 29, 2024

Matt Elliott – Only Myocardical Infarction can break your heart: Infartuato per amore.

Il mosaico sonoro di Matt Elliott si compone di un nuovo frammento, l’ultimo in ordine di tempo, da quando dismessi i panni dell’agitatore elettronico con Third Eye Foundation (ma non del tutto, considerando la rentrée, ad oggi estemporanea, di The Dark del 2011), il musicista inglese ha intrapreso il suo personale percorso tra ed entro le pieghe di un suono che dal folk europeo tutto, ha tratto forza e suggestione, in virtù di una scrittura che nel tempo s’è fatta ancora più profonda, intensa e magnetica.

Così che Only Myocardical Infarction Can Break Your Heart diviene ancora una volta, la pagina bianca a cui affidare le infinite riflessioni, gli infiniti pensieri rivolti a sé e all’altro da sé: la società, il mondo, la politica, l’altra metà del cuore (quel cuore così chiuso ai sentimenti che solo un malore può davvero scalfire). E se lo sfondo s’è fatto di poco meno fosco, lasciando le cupezze vere e proprie al precedente Broken Man, è pur vero che i colori coi quali il cantautore pennella i suoi nuovi brani, mantengono inalterate le nuances brune che ne hanno distinto l’opera sino a ieri. L’aria è ancora quella malinconica, disillusa e arresa alla tragedia della vita, delle varie songs del recente passato; ancora affrontata con quel piglio disincantato e sarcastico, giacché è proprio l’ironia l’arma che da sempre caratterizza, molto segretamente, l’arte del nostro, di chi usa girovagare tra stereotipi della tradizione paneuropea (tra un fado, un flamenco, i Balcani, Leonard Cohen…) senza mai farne genere ma riformulandone i segni più profondi (Reap What You Sow).

L’approccio, è ormai del tutto quello live: alle stratificazioni, alle sovraincisioni da studio e all’elettronica fantasmatica, lascito della vita precedente, si è ormai sostituito un suono corposo ed oscuro, che nella levità dell’alternarsi di pieni e vuoti, nella rotondità delle corde, dei ritmi spazzolati, degli archi, nelle distorsioni e nei picchi improvvisi di cori e lamenti, trova ogni ragion d’essere. Come nella fluviale, nostalgica, The Right To Cry posta in apertura; nelle ugge gitane a ritmo di rumba di Prepare For Disappointment o nel crescendo insistito, carico di tensioni  sature, di Again. A trattenere il tutto, la voce di Matt che, sempre più profonda, abissale, di album in album, coglie ogni inquietudine assumendo il ruolo del cantore delle apocalissi interiori; così presente da apparire, quasi in nuce, anche nell’unico brano strumentale (I Would Have Woken You With This Song). La conclusiva De Nada invece sembra venir fuori dalle corde di Johnny Cash.
Un altro piccolo, maturo, capolavoro di cantautorato depresso per un autore unico o, meglio, per uno degli ultimi creatori d’immaginari sonori.

Alessio Bosco
Alessio Bosco
Alessio Bosco - Suona, studia storia dell'arte, scrive di musica e cinema.

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