giovedì, Marzo 28, 2024

Mùm – Sing Along To Songs You Don’t Know (Morr – 2009)

mum-singalongtosongsyoudontknowI Mùm sembrano aver trovato perfettamente la quadratura del loro nuovo cerchio. Dopo il passo falso del precedente “Go Go Smear The Poison Ivy” la band islandese porta a termine il suo passaggio verso sonorità più pop con un disco più che convincente, capace di evocare fin dalla copertina le sensazioni che emergono durante l’ascolto.
Fin dal primo approccio con i brani di “Sing Along To Songs You Don’t Know” ci si trova infatti immersi in delle sarabande pop dalle melodie cristalline e sognanti, che sembrano create esattamente con l’intenzione di far avverare ciò che viene esposto nel titolo. Se a questa caratteristica fondante aggiungiamo l’influenza del background elettronico, post-rock e vagamente malinconico degli islandesi, veri e propri maniaci della perfezione del suono e della cura dei particolari, si può capire la qualità elevatissima di questo disco, capace di suonare orecchiabile, ma in realtà frutto di ispirazione, ricerca e di un lavoro certosino, che chiama in causa influenze tra le più disparate e strumenti di ogni genere, dall’elettronico all’etnico.
Nei 12 brani dell’album ci si trova così a viaggiare in un mondo incantato, a tratti fanciullesco, a tratti più maturo ma comunque legato più o meno direttamente ad immagini oniriche, se non a livello di testi, almeno dal punto di vista delle atmosfere. Tra i pezzi che più sembrano richiamare l’immaginario dell’infanzia, quasi delle filastrocche art-pop, vanno per forza citati “Prophecies And Reversed Memories”, che parte come un carillon per poi dipanarsi in una melodia freschissima e incredibilmente catchy, “The Smell Of Today Is Sweet Like Breast Milk In The Wind”, con un’alternanza tra parti dominate dall’elettronica e cori dolcissimi, e l’incredibile “Hùllabbalabbalùù”, nonsense onomatopeico che è un manifesto di tenerezza, così come l’altro pezzo dal titolo astruso, cioè “Kay-Ray-Kù-Kù-Kò-Kex”, oltre naturalmente a “Sing Along”, folktronica sognante e sincopata che dà il titolo all’album. Il versante meno disincantato del disco è invece rappresentato da quelle che, per brevità, possono essere definite ballate: le citazioni obbligate in questo senso sono per “A River Don’t Stop To Breathe”, con malinconici archi in primo piano, “The Last Shapes Of Never”, basata su un delicato arpeggio di chitarra e cori eterei, e la canzone conclusiva del disco, “Ladies Of The New Century”, in cui il pianoforte si fa largo nel silenzio per regalarci momenti di assoluta classicità e serenità, l’ultimo sogno dei 12 offertici dai Mùm. Non possiamo che ringraziare sentitamente ed apprezzare.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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