giovedì, Aprile 18, 2024

Karoshi al Lago Film Fest XII #lagomusicfest – post rock d’autore, l’intervista

Tra gli ospiti del Lago Music Fest, il contenitore musicale del Lago Film Fest, ci sono anche i Karoshi. Trio formatosi nel 2014, è orientato al post-rock strumentale nell’accezione più feconda del termine, quella di contaminazione. Il primo lavoro è un’ep autoprodotto sempre nel 2014 e intitolato Maizena EP. Dal 2015 la formazione introduce un quarto elemento e nuovi approcci strumentali. Alla tradizionale formazione batteria, basso e chitarra si aggiungono quindi le tasteire, la tromba e i synths oltre ad una drum pad e all’utilizzo sperimentale delle voci. Introspettivi e onirici i Karoshi pubblicano nel 2016 il primo full lenght autoprodotto intitolato “Antera” registrato da Mirko Brigo e Nicola Sanguin presso il Bunker Studio di Arquà Petrarca. Tra le influenze dichiarate ci sono quelle di Beatles, Radiohead, Portishead, Aphex Twin, Boards of Canada, Tom Waits, Ulver, Ventures, Angelo Badalamenti, Ennio Morricone.

Il 22 luglio i Karoshi saranno sul palco del Lago Film Fest nella suggestiva cornice di Revine Lago (Tv). Gli abbiamo chiesto cosa aspettarci dal loro live.

Karoshi su Facebook

Partiamo innanzitutto dal vostro nome, “Karoshi”. Il termine in giapponese significa “morte per eccesso di lavoro” che, in qualche modo, si pone in antitesi con il vostro modo di descrivervi, “un ritorno a casa introspettivo ma liberatorio dopo una giornata intensa”. Cosa vi ha portato a scegliere questo nome?

Guarda, probabilmente scegliere il nome del gruppo è una delle cose più difficili che abbiamo dovuto fare da quando suoniamo insieme. Ci abbiamo messo tantissimo, abbiamo suonato per un anno senza averlo ancora scelto, anzi pensa che mentre registravamo Maizena Ep non avevamo ancora scelto il nome del gruppo (e nemmeno dell’Ep a dire il vero). Alla fine è stata una scelta per esclusione, scartati quelli che non piacevano a tutti, quelli eccessivamente burloni o troppo seriosi è rimasto “Karoshi”: breve, con un bel suono, efficace. Il significato della parola non ci interessava, bastava che suonasse bene.

Rispetto a “Maizena”, il primo EP risalente al 2014, il vostro nuovo lavoro “Antera” si presenta come un’evoluzione. Il post-rock tirato a secco del primo periodo si è contaminato con voce, tastiera, synth per navigare verso altri lidi, dal trip hop, all’elettronica conditi da spunti jazz, seppur molti elementi siano rimasti gli stessi. A cosa è dovuta questa mutazione?

Karoshi – Libellula, il video ufficiale

Beh, il grosso dell’evoluzione lo si deve sicuramente all’allargamento della formazione: in Maizena eravamo in 3, con Antera si è aggiunto a noi Enrico (nell’Ep tastiere, effetti e voce). La difficoltà iniziale è stata proprio quella di ritrovare un equilibrio per poter lavorare in maniera efficace con così tanti strumenti, da qui la necessità di composizioni più minimali e meno improvvisate. Il resto poi l’hanno fatto ascolti e gusti personali, oltre fattori che in qualche modo possono averci influenzato in quel determinato periodo (Maizena ad esempio è stato composto principalmente in estate, Antera invece di notte in inverno).

La voce soprattutto ne “La passione di McGuffin per il giuoco d’azzardo” è quasi una sorpresa: arriva d’improvviso in mezzo a tanti pezzi strumentali. Molto calda e dal taglio classico rimane un’incursione minimale nella vostra musica. Potreste spiegare il motivo di questa scelta?

Nessuna scelta, il punto è che non abbiamo mai veramente deciso di non cantare, semplicemente prima non ci sembrava necessario. Forse prima abbiamo voluto concentrarci maggiormente sulla parte strumentale, non saprei. “La passione di McGuffin per il giuoco d’azzardo” è una canzone che avevamo in cantiere da sempre ma che non aveva mai funzionato davvero, abbiamo fatto un tentativo con la voce e la canzone ha cominciato a suonare come volevamo. Da qui in poi abbiamo un po’ sdoganato l’utilizzo della voce nelle nuove composizioni (che posso anticiparti sarà sempre presente), ma comunque in un’ottica di “strumento ulteriore”, allo stesso livello degli altri.

Karoshi – La passione di McGuffin per il giuoco d’azzardo. Il video ufficiale

Il vostro immaginario estetico, in generale, e i due videoclip de “La passione di McGuffin per il giuoco d’azzardo” e di “Libellula”, in particolare, ci parlano di una passione nascosta per certe atmosfere a cavallo tra il noir anni ’40 e la nouvelle vague dei ‘50/’60. Cosa ritrovate in queste decadi? Avete in qualche modo tratto ispirazione anche per la vostra musica?

Diciamo che la nostra passione non riguarda esclusivamente quelle decadi, quanto il cinema in generale, tra cui quello appartenente a quel periodo, il noir in particolare. “Il grande vuoto” per esempio vuole in qualche modo rendere omaggio a Il grande sonno e Il grande caldo, due film dalle atmosfere sicuramente molto caratteristiche.

A proposito di videoclip, quello che avete realizzato con Gabriele Toffanin e Giulio Bastianello per “Libellula” è stato realizzato tramite found footage, mentre la clip per “La passione di McGuffin per il giuoco d’azzardo” (ideato sempre da Toffanin-Bastianello) è stata realizzata con l’utilizzo di proiezioni, mapping sui corpi durante la vostra esibizione. Da dove nasce l’idea per questi lavori?

Siamo partiti vedendo che cosa per noi rappresentavano quelle canzoni e che sensazioni ci suscitavano, da qui abbiamo pensato a come renderle su video. In Libellula abbiamo cercato di rappresentare la nostalgia, l’angoscia, e abbiamo cercato, mischiando musica e immagini, di stimolare sensazioni e ricordi che per un motivo o per l’altro in ogni ascoltatore sarebbero state differenti. In La passione di McGuffin per il giuoco d’azzardo invece volevamo che l’ambientazione fosse il più noir possibile, ma legata a località che noi viviamo quotidianamente. In un certo senso abbiamo fatto il procedimento inverso di Libellula, mostrando all’ascoltatore quali sono le immagini che stimolano il nostro processo creativo: la notte, la campagna, la nebbia, i film.

Il 22 luglio suonerete nel suggestivo scenario del Lago Film Fest, immersi tra la natura ancestrale e la contemporaneità dei suoni, della danza e del cinema. Le atmosfere introspettive e crepuscolari che si respirano nel vostro ultimo disco si addicono perfettamente a questa ambientazione. Cosa dovremo aspettarci dal vostro live?

Speriamo in qualcosa di diverso dal solito. Quello che vogliamo è riuscire a offrire un live interessante e particolare, e di poter coinvolgere il pubblico attraverso i nostri suoni. Aspettatevi una scaletta molto ricca, ci piace fare salti di genere, variare, stupire, nello specifico quindi non aspettatevi niente!

Rachele Pollastrini
Rachele Pollastrini
Rachele Pollastrini è curatrice della sezione corti per il Lucca Film Festival. Scrive di Cinema e Musica

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