venerdì, Aprile 19, 2024

Matteo Toni – Nilla! Villa! – la recensione

Il terzo album alla carriera per Matteo Toni, musicista di origini modenesi, si muove circuendo le curve della tradizione anni ’60. Criptico sin dal titolo, Nilla! Villa! racchiude un misto di bon ton italiano post boom economico e swing intelligente seppure intonato con fare cantilenante. A quattro anni dell’EP di esordio prodotto da Umberto Maria Giardini, già Moltheni, Matteo Toni si dedica ad un  misto goliardico e dal sapore urbano permettendosi il lusso di sbeffeggiare dalla lunga distanza due nomi della canzonetta italiani, i cui cognomi riempiono il titolo dell’album. Un richiamo al Festival e con esso alla Nilla e Claudio nazionali che si lascia immerso nell’ambiguità senza concedere una chiara interpretazione. E quindi alla fine non si capisce se Matteo Toni rimpianga o ridacchi sui bei modi e i garbati toni di Sanremo, se li assuma a buoni o cattivi maestri o si voglia collocare sin da subito nella scia che essi hanno aperto. Interpretazioni o meno, il suono contenuto di Toni e Giulio Martinelli alla batteria, apre il disco puntando dritto verso quell’immaginario, a partire dall’inizio gagliardo di Caos Adoremus. Ma se col secondo pezzo ci aspetteremmo un swing da naso all’insù, Il Tempo dei Morti Viventi spezza gli entusiasmi aprendo ad un pop tristo e sconvolto in stile Ribelli (Kebebellaria) per poi sgusciare via anche da questo riferimento per andare ad abbracciare il blues di Dammi una sigaretta fino al funky di Credi ancora nel grande blu?

Un album che si rivela ironico e auto-ironico e che mira in modo esplicito a confondere chi ascolta fino a far perdere ogni genere di riferimento. E se singolarmente alcuni pezzi risultano molto godibili (il tiro orecchiabile di Kebabellaria e Musica Porno avrebbero in sè abbastanza materiale per uno sviluppo autonomo), l’unione di tutti i brani nell’album crea distonia e allontana l’idea di coesione. Se Nilla! Villa! vuole far perdere le coordinate, Matteo Toni ci riesce benissimo, ma l’idea è che non esista una vera e propria ratio nella composizione dell’album, ma che questo sia nato dalla collezione di più brani composti nel tempo.

Giulia Bertuzzi
Giulia Bertuzzi
Giulia vede la luce (al neon) tra le corsie dell'ospedale di Brescia. Studia in città nebbiose, cambia case, letti e comuni. Si laurea, diventa giornalista pubblicista. Da sempre macina chilometri per i concerti e guadagna spesso la prima fila.

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