mercoledì, Aprile 24, 2024

Los Hacheros – Pilon

Rispetto alla Cuba di Bahama Soul Club, quella di Los Hacheros si allontana dalla rilettura elettronica di un genere per riferirsi in tutto e per tutto alle radici della tradizione; il “Son” rivisto da Papote Jimenez e soci sotto l’attenta produzione di Jacob Plasse che ha prelevato il combo direttamente dai locali Newyorchesi dove ancora si respira fumo e Salsa, è certamente filologico ma allo stesso tempo riserva alcune sorprese, perchè se il repertorio “storico” passa in rassegna Rumba, Cha cha cha e Bolero in egual misura, l’introduzione di strumenti apparentemente distanti da queste tradizioni, come una chitarra elettrica quasi di matrice blues e per esempio alcuni interventi di violino, flauto e trombone affrontano la Cuba “storica” attraverso un senso della contaminazione molto più vivo e più ricco di una semplice rilettura convenzionale. Jimenez e soci recuperano anche una tradizione rurale e praticamente dimenticata da quasi tutti i repertori del genere, come la Guajira, vero e proprio “country” Cubano con un utilizzo della chitarra che per certi versi si avvicina ad una certa “nostalgia” di matrice fadista, merito dello stesso Plasse che unitosi al trio, in più di un espisodio si serve del tres, chitarra caraibica che nasceva sul modello del Laud cubano, lo strumento tipico che ha accompagnato il “Son” sin dal diciannovesimo secolo; Plasse qui lo amplifica, ricollegandosi cosi al suono che ha fatto grande un musicista come Arsenio Rodríguez, una delle ispirazioni principali di Los Hacheros insieme alla musica di Ray Barreto. E se si prende un brano come Mami Me Gusto, quasi una versione elettro blues tra Santana e la tradizione della musica di Lili Martinez, si dovrebbe capire con quale libertà e vitalità, rispetto alle convenzioni di una tradizione, lavorano i Los Hacheros.   La Cuba del quartetto non è allora quella turistica e in un certo senso neanche quella dell’ondata di ritorno Buena Vista, per il tentativo coraggioso di una riattualizzazione verace e “acustica” della tradizione, che lasciandone intatte le caratteristiche compositive principali, inventa delle varianti per seguire con passione ed onestà le tracce di una via improvvisativa che potrebbe non finire mai.

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Stefano Bardetti
Stefano Bardetti
Stefano Bardetti, classe 1974, ascolta musica dai tempi appena precedenti al traumatico passaggio da Vinile a CD; non ha mai assimilato il colpo e per questo ne paga le conseguenze.

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