venerdì, Aprile 19, 2024

Si accettano miracoli di Alessandro Siani: la recensione

Il film di Alessandro Siani lo abbiamo visto con calma nel week-end in un sala gremita, a conferma dell’impennata di pubblico che ha collocato “Si accettano Miracoli” in testa al botteghino con più 9.346.705 euro incassati in 6 giorni di programmazione e 1.356.454 spettatori paganti in meno di una settimana, in un testa a testa con American Sniper.

Assaliti dalle risate di un pubblico a conduzione famigliare ci siamo convinti strada facendo che il cinema del comico napoletano abbia come referente principale il santino di una famiglia catodica, per quanto ci riguarda vecchia di almeno 25 anni, ma evidentemente sempre pronta a testimoniare la propria esistenza.

Non è una considerazione snobistica o peggio ancora in odore di razzismo culturale, ma dopo i titoli di testa “rampanti” e in stile “anni 90” tutti giocati sui dettagli, tra archeologia del videoclip, mediaset e qualche accenno Vanziniano, ci si ritrova catapultati in un teatrino strapaesano con un set da operetta televisiva, come quelle che si vedevano in alcuni siparietti del sabato sera, durante la gloriosa era Baudiana post Luna Park.

Un contenitore dove Siani ci infila qualsiasi cosa, da “Io speriamo che me la cavo”, con questi bambini oleografici onnipresenti, ai modelli della comicità cinematografica nazionale degli ultimi trent’anni senza alcun criterio se non quello di forzare a tutti i costi una spontaneità bucolica e giocosa che trova il suo apice nella sequenza accompagnata dalla canzone di Sal Da Vinci, girata come lo spot di una televisione locale e quell’attenzione insistita al dettaglio poetico (i fiori, l’ombrello rosso, le nuvole, il cielo, il mare e i controluce) quasi un sublime involontario, un po’ mulino bianco ma anche Bollywood in Costiera.

Ci fosse stato Franco Maresco dietro alla macchina da presa, sarebbe bastato un piccolo slittamento di senso per creare un delirante film di mostri, con i bambini appollaiati sul baracchino della festa, il balletto del prime time festivo, la banalità da cartolina che diventa incubo, gli ispettori del Vaticano che acchiappano la statua “truccata” di San Tommaso, Don Sisto, vecchio prete di un eremo che cade in un tombino, e le voglie della Autieri le cui gag sembrano davvero concepite sul modello del varietà televisivo italiano che lancia una serie di numeri dedicati alla storia dell’avanspettacolo.

Ed è da teatrino parrocchiale tutto il ritmo del film, i corpi e i movimenti degli attori, il gioco degli equivoci, le gag da oratorio, i calembour facili facili, i colori digitali che qualcuno si ostina ancora a chiamare pastello.

Popolare, legato alle radici del mio paese e per niente oleografico, ha detto Siani in una recente intervista a proposito del suo film; forse parlava del prossimo.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker e un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana. È un critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media. Produce audiovisivi

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