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Do You Love Me? di Tonya Noyabrova: recensione – Berlinale 73, Panorama

Tonya Noyabrova continua ad osservare le mutazioni e l'evoluzione della società ucraina. Questa volta ambientando negli anni novanta, un racconto di formazione dal sapore autobiografico. In Concorso alla Berlinale 73, nella sezione panorama

Do you love me?

Sognano in una realtà ostile i protagonisti dei film diretti da Tonya Noyabrova, ed è la loro ostinazione positivamente individualista a generare spazio per una drammaturgia che trae origine dal confronto traumatico con l’esperienza urbana.

L’eroe comune di Hero of My Time cercava di applicare i propri ideali nella Kyiv contemporanea, sospesa tra spinte democratiche e corruzione, in un corpo a corpo tra individuo e apparato statale che si risolveva nell’incepparsi causale della commedia. Kira, la protagonista di Do You Love me? Vive l’ultimo anno da adolescente nell’Ucraina degli anni novanta, prima del crollo dell’Unione Sovietica e in piena transizione movimentista. La sua ansia di libertà e di piena realizzazione occupa lo schermo sullo sfondo dell’incertezza economica e del passaggio dal modello totalitario alle iniziative del Rukh.

Mentre frammenti di occidente penetrano attraverso la musica in modulazione di frequenza e il tenore di vita del padre regista, la ragazza studia recitazione, brucia la sua vitalità alle feste con i coetanei, immaginandosi un’identità creativa e ricca d’amore.

La verità della trasformazione dall’adolescenza all’età adulta, consentono alla regista ucraina di elaborare materiale di tipo autobiografico per rappresentare la potenziale mutazione di un paese intero, attraverso il salto e il contrasto generazionale.

Accordato sugli umori e la fisicità di un’intensa Karina Khimchuk, il film procede per scoperte e strappi, come un’ansia d’amore costretta ad arrestare e a riprendere la ricerca, dopo la collisione con le asperità del quotidiano.

Se la separazione dei genitori apre una ferita che non si rimargina, Kira cerca corrispondenze altrove, a partire dal giovane medico venticinquenne che le ha salvato la vita dopo un gesto estremo.
È la ricostruzione di uno spazio intimo necessario, ma la cui rivelazione lacera le illusioni individuali con una finestra spalancata sulle condizioni sociali ed economiche della collettività.

Noyabrova mantiene il tocco leggero del film precedente e senza sovrapporlo, adatta il suo sguardo alle incertezze della giovane protagonista, alla sua capacità di imbastire una relazione con lo spazio, attraverso gli oggetti e la dilatazione del tempo reale in quello del gioco.

Se la flânerie di Zhorik, l’eroe quotidiano del film precedente, veniva continuamente sabotata nell’impossibilità di scorgere la meraviglia in uno spazio sociale compromesso, la città osservata da Kira è quella di un’età ancora acerba, capace di ricreare la morfologia degli ambienti a partire dal desiderio e dalla forza immaginale.

Mi ami? È la sollecitazione costante con cui la ragazza cerca corrispondenza, mentre la realtà si sfalda e mostra altri aspetti rispetto alla rivoluzione interiore.
Tutto allora può essere squallido e magico allo stesso tempo, nel passaggio dal sogno alla realtà.
In un solo ambiente, dalla casa del giovane medico al night club dove Kira approderà per una serata, Noyabrova riesce a concentrare l’ambivalenza delle illusioni in un’osservazione dettagliata e senza filtri di tutte le luci e le ombre che emergono dall’esperienza urbana.

I personaggi che gravitano intorno alla ragazza, sono figure dalla vita sospesa, annichilite dal dolore o dalle difficoltà economiche, perdono la pazienza, non hanno più tempo, lasciano un vuoto, parlano già la lingua dell’inganno.

Kira, che abita già le derive del dubbio, non riesce a trovare il giusto registro per interpretare il tono dell’amore che l’insegnante di prassi attoriale le chiede perentoriamente. Può solo sabotare la performance con un pianto trattenuto, mentre “tutti recitano”.

Sulla linea di alcuni racconti di formazione più recenti, come Metronom e Ma Nuit, che indagano la trasformazione delle illusioni da diverse latitudini sociali e temporalità storiche, Do You Love me? Racconta l’innesco della giovane democrazia ucraina, come un amaro esercizio del dubbio, alla vigilia dell’età adulta.

La scoperta della libertà individuale coincide con quella delle responsabilità collettive e del proprio ruolo rispetto alle stesse. Esattamente come Zhorik, Kira è un personaggio disorientato, concentrato sui propri sogni e sospeso tra realtà ideale e un cambio di passo che sostituisce la protezione dello Stato con la lotta individuale per conquistare il proprio ruolo.

Senza cedere al cinismo di chi ha sostituito il tallone dell’oligarchia con quello del mercato, Kira e gli interrogativi della stessa Noyabrova, rimangono al crocevia tra il miraggio di una lusinga, ancora legata agli abusi del vecchio mondo e la capacità di continuare a sognare.

Do You Love Me? di Tonya Noyabrova (Ty mene lubysh? – Ucraina/Svezia 2023 90 min)
Interpreti: Karyna Khymchuk, Maksym Myhayily
Dop: Vilius Machiulskis
Montaggio: Tamuna Karumidze

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
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Michele Faggi è un videomaker e un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana. È un critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media. Produce audiovisivi
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