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Due fratelli di Léonor Serraille: recensione

Esce oggi al cinema grazie a Teodora Film "Due fratelli", lo splendido film di Léonor Serraille in concorso a Cannes nel 2022. Al centro un'energia matrilineare che determina un contrasto vivo nel cuore della Francia dove il progetto d'inclusione sociale è fallito.

A dispetto della tripartizione in capitoli che decostruiscono il racconto soggettivo attraverso l’esperienza francese di una madre ivoriana e dei suoi due figli, è la presenza libera e indomabile di Annabelle Lengronne a rappresentare il collante più forte nel film di Léonor Serraille. Anche quando è fuori campo, invisibile, o semplicemente immaginata, influenza gli snodi e l’evoluzione del racconto familiare.

La disappartenenza dai modelli nucleari e dall’idea di protezione maschile da cui fugge costantemente, si riverbera sulle scelte dei figli, nel bene e nel male, anche quando si arrenderà momentaneamente al miraggio del matrimonio.

La struttura a blocchi del film, tutt’altro che impermeabile, consente a Serraille di attivare risonanze, improvvise rotture, progressioni inaspettate e anche inversioni di polarità, ma al centro rimane sempre questa energia matrilineare che determina un contrasto vivo nel cuore della Francia dove il progetto d’inclusione sociale è fallito.

Controsoggetti e motivi della fuga bachiana, che ritorna più volte come commento sonoro principale, introducono e idealmente anticipano le continue entrate e le uscite dagli spazi della festa, i luoghi di lavoro e tutte le instabilità relazionali che consentono a Rose di abitare temporaneamente uno spazio lasciando il dolore chiuso in una valigia, per alimentare il senso improvviso e combinatorio della vita.

Le fughe, come motivi strutturali che consentono di aprire finestre e quindi determinare che i personaggi possano respirare attraverso una cronologia non convenzionale, assegnano a ciascuno di essi l’energia del momento. Questa può essere distruttiva oppure al contrario preconizzare un futuro inatteso, nella frizione tra potenza apicale dell’attimo e le possibili conseguenze che si possono innescare.

Ecco perché la leggerezza impressionista rappresenta il cuore di Un petit frère, anche in termini politici.
Aspetto che non corrisponde affatto ad uno sguardo superficiale, al contrario, penetra i pori e le derive continue della vita, affinché tutto ciò che è politico risulti connaturato a scelte, movimenti e azioni situate. Serraille si tiene allora a distanza dalle forme del cinema saggio o del realismo sociale di esplicita militanza.

Il coraggio e la modernità di Rose non è quindi lontano dagli otto membri della famiglia Belhoumi, algerini in Francia raccontati da Stéphane Beaud che si confrontano con gli assetti lavorativi, i problemi di scolarizzazione e tutti gli aspetti legati ad un’integrazione invisibile che non trova alcuna traccia nell’amplificazione distorta dei media.

I suoi figli assorbono e cercano di interpretare il contrasto tra l’ambiente e le attitudini febbrili della linea materna, nel tentativo di afferrare un futuro che procede veloce davanti a loro, mentre il passato si inabissa nell’idea di sradicamento.

La citazione Pascaliana sulla potenzialità dell’istante e la forza del presente che sancisce la crescita di Ernest, il minore, entro l’ambito educativo, investe di senso e risuona retroattivamente con la sospensione di Jean, ragazzo geniale dalle grandi speranze interrotte, in una realtà aliena come quella di Rouen.

L’inconciliabilità tra le regole del mondo borghese che cerca di assorbire e le attitudini selvagge della madre, esplode nella sequenza in discoteca, dove i segni di un gioco condiviso con Rose durante l’infanzia, tornano a innestare il volto, la propensione per la danza, l’attrazione irresistibile per la libertà e la promiscuità, tanto da individuare la presenza impossibile della donna, come se fosse un fantasma che veglia sul suo spirito, improvvisamente fuori dalla compostezza che il ragazzo ha dimostrato fino a quel momento.

Maledizione o ereditarietà, profondo radicamento alle proprie origini e allo stesso tempo disintegrazione dal contesto sociale obbligato, sono aspetti sublimati qui e altrove nella sintesi di una sequenza, nel movimento dei corpi contro l’organizzazione stessa dello spazio visivo e sociale.

La forza leggera e profonda del cinema di Serraille è proprio in questo stato di passaggio, uno slittamento organico tra presente e futuro che riesce a cogliere l’irriducibile sintesi del momento.

Due Fratelli di Léonor Serraille (Un petit frère – Francia 2022 – 117 min)
Interpreti: Annabelle Lengronne, Stéphane Bak, Kenzo Sambin, Ahmed Sylla, Jean-Christophe Folly, Majd Mastoura, Pascal Reneric, Thibaut Evrard, Angelina Woreth, Manon Clavel, Laetitia Dosch, Manuel Le Lièvre, Rafaël Rajabian
Sceneggiatura: Léonor Serraille
Fotografia: Hélène Louvart

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Michele Faggi è un videomaker e un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana. È un critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media. Produce audiovisivi
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