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Educação Sentimental di Júlio Bressane: recensione

Uno dei film più belli e intensi visti durante l'edizione 2013 del Festival di Locarno è sicuramente l'ultimo lavoro di Júlio Bressane, Educação Sentimental

C’è un momento nell’ultimo film di Júlio Bressane dove il microfono utilizzato per la ripresa sonora, rimane al centro dell’inquadratura a registrare i rumori della natura, quasi una soggettiva dalla postazione di Vanílton ‘Vampiro’ Santos, formidabile tecnico del suono per Educação Sentimental.

Immediatamente dopo, Josie Antello tiene in mano una pellicola 35mm, la fa vedere al giovane Bernardo Marinho presentandola come un reperto per “il museo delle sensibilità perdute“. La pellicola ha fatto il suo corso, i Cineclub sono finiti, non resta che sdipanarla un’ultima volta per ricreare in quell’illusione meccanica del movimento la relazione del pensiero con la meraviglia, unica possibilità di utilizzo delle macchine, come nella “Gnomonica” di Mario Bettini, il gesuita vissuto nel XVII secolo e che Aurea (la Antello) cita insieme ad innumerevoli testi nel suo percorso educativo per evidenziare uno dei momenti apicali di creazione del linguaggio- È qualcosa di più di una citazione, ma un testo dinamico che contribuisce a generare riflessi e infinite proiezioni dello sguardo, insieme ad altri livelli come quello puramente auditivo che introduce la sequenza.

È una sorta di Ars Magna Lucis et Umbrae quella di Júlio Bressane,  animata dallo stesso sincretismo, servirsi di qualsiasi espediente legato alla contemplazione della meraviglia, perchè contemplare, dirà Aurea ad Aureo (Bernardo Marinho), è “partecipare“, e la lettura “è diventata incomprensibile in un mondo i cui interessi sono diventati principalmente di natura pratica“.

Aurea ha circa quarant’anni in più di Aureo, lo osserva a distanza mentre fa il bagno in un’ampia piscina immersa in una rigogliosa esplosione vegetale. Quando lo avvicinerà, gli racconterà il mito di Endimione figlio di Zeus e di Calice, giovane dalla bellezza assoluta di cui Selene, la dea della Luna, si innamorò mentre lo osservava dormire su un monte.
Inizia da qui l’educazione sentimentale di Aureo, un viaggio palindromo (“Aurea, Aureo, la differenza è di una sola lettera“) nella seduzione come immagine che prende corpo dal gesto, dalla presenza degli oggetti, dal suono, dalla luce e dalla parola, che con la voce di Joise Antello assume una fortissima caratteristica tattile, così come era il corpo posseduto di Alessandra Negrini nei due film realizzati con Bressane.

È una parola capace di toccare sin dal momento in cui Aurea mostra al ragazzo la sua collezione di porcellana Francese del XVIII secolo, ripetendo ossessivamente il nome degli oggetti, un’avvolgente esperienza sensoriale legata al senso di scoperta della meraviglia come forma di conoscenza che si oppone all’ignoranza, o alla pericolosità del fantasticare, come avrebbe detto Elemire Zolla. Non sembra casuale in questo senso il dialogo tra Aurea e la madre del ragazzo (Débora Olivieri), che per opporsi alla relazione tra i due, costruisce un racconto fatto di inutile e irreale pornografia, “passa di tutto”, le dirà Aurea “in una mente pornografica“, tutto ad eccezione della vita.

In questa opposizione tra la creazione forzata di un’immagine e la sua evocazione risiede la forza sciamanica del cinema di Júlio Bressane, che ancora una volta, nei momenti più intensi del suo film, si affida ad un tipo di danza che sta tra la possessione e la vicinanza ad un cinema di fantasmi.

Josie Antello, quasi sempre scalza, nominerà più volte queste presenze, non solo attraverso un approccio pre-scientifico alla storia, ai documenti, ai materiali e alla letteratura, resuscitati quasi ritualmente come in molti film del regista Brasiliano, ma anche in questo continuo stare al di quà e al di là dell’immagine stessa, perchè Educação Sentimental è un film carnale e allo stesso tempo attiva uno sguardo che si separa dai corpi attraverso mascherini, veli, cataratte della visione, dislocandoli con sdoppiamenti dell’immagine e come in “A Erva do Rato“, includendo il processo di creazione che riavvolge il film dopo la conclusione.

È una sensualità, quella che anima il film di Bressane, molto vicina alla sua idea di cinema, perché tutta la storia dell’erotismo e del desiderio, come ricorderà Aurea, è una storia di fantasmi.

Onde nos vimos nós? És doutra esfera ?
És o ser que eu busquei do sul ao norte. . .
Por quem meu peito em sonhos desespera?

Quem és tu? Quem és tu? – És minha sorte!
És talvez o ideal que est’alma espera!
És a glória talvez! Talvez a morte!

(Castro Alves – Último Fantasma)

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Michele Faggi è un videomaker e un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana. È un critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media. Produce audiovisivi
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