venerdì, Aprile 19, 2024

Insidious 3 – L’inizio di Leigh Whannell: la recensione

James Wan lascia la regia del terzo Insidious allo sceneggiatore che ha seguito il progetto fin dall’inizio, Leigh Whannell, occupandosi della produzione anche a causa degli impegni per il notevole Fast & Furious 7, il progetto Acquaman e The Conjuring 2. Se il secondo episodio della saga anticipava in un certo senso la furia carnevalesca tra motori e bicipiti del nuovo e più bello tra i capitoli Fast & Furious, spingendo il pedale sul gioco anarchico alla William Castle, il film di Whannell determina un’improvvisa sterzata intimista per certi versi più vicina allo spirito di The Conjuring, senza lasciarsi troppo andare a quella filologia vintage e stucchevole, ma cercando al contrario di avvicinarsi allo spirito dolente che attraversa i film di Scott Derrickson, al quale lo stesso Wan, già da The Conjuring ha cercato di strizzare l’occhio con alcune idee legate al rapporto tra immagine, dispositivi di riproduzione e corpi.

Whannell si concentra più sugli ultimi per evidenziare il passaggio traumatico dalla vita alla morte e per stabilire una serie di connessioni affettive e psicologiche con i due mondi. In questo senso, malgrado il setting sia abbastanza simile a quello del precedente film, con qualche riferimento pro-filmico di incerta collocazione e l’armamentario à la Ghostbusters  di Specs e Tucker, lo sceneggiatore-regista tende a non esagerare e si concentra sul trauma di Quinn Brenner (Stefanie Scott), evitando così quel tentativo maldestro di resuscitare tematiche antropologiche vecchie di almeno quarant’anni come accadeva nell’Annabelle di John R. Leonetti, prodotto sempre da Wan.

Quinn vive nel ricordo della madre e la difficile elaborazione del lutto consente l’ingresso di un parassita dalla dimensione dei morti, un inferno sospeso che Whannell ci mostra come parallelo e coesistente a quello attuale, dove la sofferenza delle creature che lo abitano è alimentata da irrisolti sensi di colpa. Il demone che lascia tracce di materia viscosa al suo passaggio perseguiterà Quinn fino a nutrirsi direttamente dell’anima della ragazza e a scatenare un processo di mutazione del corpo. L’unica che potrà salvarla è Elise Reiner (Lin Shaye), coadiuvata dal padre della ragazza e dai due sgangherati acchiappafantasmi che Whannell prende per i fondelli e ai quali destina un’innocua posizione da citazionismo nerd, mentre il film devia verso la retorica dell’esorcismo.

In questo senso Insidious 3 è decisamente spaccato in due, con una prima parte dedicata ai turbamenti di Quinn, al suo rapporto con il padre e a questa presenza tra materia e anti-materia che minaccia i suoi sogni e ne contamina la realtà percettiva; mentre la seconda parte si concentra sul viaggio di Elise dall’altro lato della vita recuperando di fatto la dimensione visionaria del secondo capitolo diretto da Wan cercando di mantenere un controllo più teso per descrivere questo mondo di passaggio, più vicino a quelli di Clive Barker che non al luna park del regista malese.

Come capita sovente agli episodi della saga e a molti prodotti della Blumhouse, le intuizioni e le zampate più vitali a un certo punto lasciano spazio alle solite strategie per appassionati della vecchia guardia, fatte di recuperi, inserti e citazioni che riescono a spaventare solo nei rari momenti in cui la combinazione dei mondi cinematografici a cui si riferiscono si libera da mille schemi già visti, penetrando gli aspetti più intimi del rapporto con la morte. Del resto, il punto debole di horror come questi è l’incapacità di raccontare le paure contemporanee guardando proprio a quel cinema che ci spaventava trent’anni fa e che si era fatto carico di tutte le mutazioni (famigliari, antropologiche, politiche) che ci circondavano.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker e un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana. È un critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media. Produce audiovisivi

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