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Softie (Petite Nature) di Samuel Theis: recensione

Incantevole racconto di formazione e rifondazione dello sguardo educativo costruito intorno al corpo e ai gesti del giovanissimo Aliocha Reinert. La recensione del film di Samuel Theis

Samuel Theis torna a Cannes dopo la Camera D’Or ottenuta al 67º Festival di Cannes per “Party Girl” e continua a muoversi intorno a quel territorio familistico e personale che aveva caratterizzato il suo primo film. L’attore e regista di Forbach dichiara la natura in parte autobiografica di “Petite Nature” e costruisce intorno ad un incantevole Aliocha Reinert un racconto di formazione e rifondazione dello sguardo educativo.

Johnny ha dieci anni e attraversa le difficoltà di un personale processo identitario, esperito attraverso la lente di una suburbia difficile, dove povertà e disfunzioni famigliari rappresentano il brodo di coltura principale. Sottoposto alle continue mancanze della madre e della sua vita disordinata, ne subisce la violenza affettiva con incredibile equilibrio e cercando una mediazione anche quando il suo volto rimane segnato dalle botte. Sensibile e attento agli stimoli della scuola, stabilisce una connessione importante con il nuovo insegnante, trasferitosi recentemente da un grande centro. L’origine di una passione coincide con il momento più doloroso della propria vita.

Su questo fragile e delicato crinale, Theis elabora quella storia del desiderio che ci ha sorpresi tutti quanti nell’innamoramento verso un mondo più adulto, compiendo uno slittamento importante verso il riconoscimento autentico della propria sessualità.

Il processo di formazione non coinvolge solamente Johnny, ma anche tutto il mondo istituzionale e famigliare che si muove intorno a lui, bloccato dalla paura e incapace di rendere permeabile lo sviluppo di sentimenti e personalità.

La scuola è quella delle porte sempre aperte per diffidenza, dei confini di sicurezza impostati dal corpo insegnanti, della paura che qualsiasi sguardo, gesto e contatto possa generare un pericoloso fraintendimento, di una realtà già distanziata dalla riduzione funzionale del segno ad una semiotica emergenziale.

Su questa tensione impalpabile, Theis costruisce un saggio sull’attenzione, mantenendo al centro l’esplosione di un desiderio, come diretta emanazione di gesto e sguardo, concentrando sui lineamenti, la postura, i vestiti e il corpo di Aliocha Reinert, una insopprimibile voglia di essere, tanto che per attitudini e sensibilità, la figura di Johnny, nella prima metà del film, potrebbe essere confusa con quella di una bambina.

L’impasse è allora quello delle convenzioni sociali determinate dalle diverse modalità con cui il mondo degli adulti si è dato una forma. Il regista francese evita del tutto l’approccio giudicante, senza elaborare contrapposizioni manichee tra le condizioni sociali dell’insegnante e quelle del nucleo dove vive Johnny. Le differenze percepibili, vengono elaborate soprattutto in termini qualitativi, come espressione di una necessità di vivere in modo fluido spazi e ambienti altrimenti determinati da ostacoli sociali, architettonici, educativi.

Theis allora si affida alla dimensione soggettiva più estesa possibile, quella che nella lunga tradizione del cinema francese dagli anni sessanta in poi, delinea percorsi sempre aperti, attraverso le mutazioni percettive di un personaggio verso la consapevolezza.

Il discrimine è quello tra realtà e desiderio, immaginazione ed espressione dei sentimenti, nel modo in cui emergono dal tessuto urbano, vero e proprio intrico di stimoli.

Johnny individua una soluzione interpretativa attraverso il difficile rapporto con l’espressione verbale. Solo con il segno e la traduzione della parola in gesto, riesce a superare la difficoltà di recitare una poesia in classe, arricchendola di una dimensione maggiormente corporea.
Fisico è anche il cinema di Samuel Theis, capace di tradurre nelle fughe e nei pedinamenti di Johnny quell’espressione del movimento che cambia insieme all’instabilità dei sentimenti.

Quando la corsa improvvisamente si risolve in una danza intima ed esplosiva sulle note di Child in time, la linea di demarcazione tra giusto e sbagliato, sentimento e gesto, trova un punto di convergenza.

Si assiste allora ad un piccolo miracolo, quello di un film capace di trasformare il dramma della crescita, attraverso l’osservazione di una comunità imperfetta, ma profondamente viva.

[dal 13 gennaio al 13 febbraio, Softie è possibile vederlo in streaming su My French Film Festival 2023 ]

Petite Nature (Softie) di Samuel Theis (Francia, 2021 – )
Interpreti: Aliocha Reinert, Antoine Reinartz, Mélissa Olexa, Izïa Higelin, Jade Schwartz, Ilario Gallo, Abdel Benchendikh
Sceneggiatura: Samuel Theis
Fotografia: Jacques Girault
Montaggio: Nicolas Desmaison, Esther Lowe

RASSEGNA PANORAMICA
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Michele Faggi è un videomaker e un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana. È un critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media. Produce audiovisivi
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