L’opera di Russ Meyer ha rappresentato nella storia del Cinema statunitense una sfida sistematica ai confini tra pornografia, satira e avanguardia. Up! (1976), spesso marginalizzato rispetto a titoli come Faster, Pussycat! Kill! Kill! (1965), costituisce tuttavia un nodo cruciale nella transizione del cinema erotico americano da oggetto di consumo pulp a forma autoriflessiva. Lungi dall’essere solo un divertissment erotico, Up! mette in scena una grammatica visiva colta, una stratificazione iconografica specifica e una tensione politica esplicita, travestita da farsa.
Up! si apre con un omicidio pirotecnico: un uomo di nome Adolf Schwartz, nientemeno che Hitler vivo e rifugiatosi in località clandestina, dopo essere stato ripetutamente brutalizzato in una memorabile sequenza erotica BDSM, verrà ucciso dopo un’ennesima orgia a cui partecipano tre donne e un uomo. L’arma del delitto è un pesce Piranha inserito nella sua vasca da bagno. Un vero e proprio coro greco scandisce le fasi salienti del film. La protagonista, Margot Winchester (Raven De La Croix), agente segreta e amazzone sensuale, viene invitata per indagare sul crimine. La narrazione procede attraverso episodi erotici grotteschi, violenze slapstick, numeri satirici e l’irriverenza, anche aurale, dei cartoons.

Girato in gran parte nelle foreste e nelle montagne del nord della California, Up! fu realizzato con un budget contenuto ma con pieno controllo autoriale da parte di Meyer, che come sempre si occupò anche del montaggio. Le location rurali rafforzano l’ambientazione da farsa mitica, creando un contrasto tra natura incontaminata ed erotismo liberatorio. Il casting si basò su attori non professionisti o interpreti feticcio dello stesso Meyer, come la debuttante Raven De La Croix, scoperta in un ristorante e trasformata in icona erotica. L’intero progetto fu concepito come un’evoluzione dell’estetica già sperimentata in Supervixens (1975), con una maggiore enfasi sulla struttura episodica e sulla rottura della quarta parete.
UP! – Iconografie del corpo e citazioni visive
L’estetica figurativa di Meyer in Up! attinge da stimoli culturali eterogenei. Come notato da David K. Frasier (1990), la composizione delle inquadrature e l’esibizione plastica del corpo femminile sono debitrici alla pittura barocca, in particolare a Rubens, Caravaggio e alla statuaria manierista. Il corpo delle protagoniste non è semplicemente erotizzato: è esaltato come superficie eccessiva, scenografia vivente, oggetto feticistico e soggetto di potere. Il montaggio sincopato, vicino al cartoon e al fumetto pulp, produce un effetto di distanziamento che rimanda tanto a Eisenstein quanto al pop di Roy Lichtenstein. Come osserva Laura Kipnis (1999), l’effetto pornografico non risiede nella nudità, ma nella funzione semiotica che il corpo assume all’interno della struttura narrativa e ideologica.

UP! – Satira politica e rimozione storica
La presenza di un personaggio ispirato ad Adolf Hitler sopravvissuto e segregato in una baita californiana costituisce uno degli elementi più eclatanti e controversi del film. Tale figura, caricaturale ma sinistra, viene sottoposta a un processo di ridicolizzazione sessuale, nella sequenza che introduce il film, una delle più perturbanti e satiriche della filmografia di Meyer. Come nota Esther Newton (1978), la politica sessuale di Up! non si limita alla provocazione: essa è un dispositivo per decostruire l’autorità e le sue derive disciplinari. L’umiliazione del dittatore – tramite pulsione erotica incontrollata – ribalta simbolicamente il dominio, trasformandolo in farsa pornografica.
UP! – Censura e distribuzione internazionale
Up! fu distribuito con rating X dalla MPAA, suscitando reazioni ambivalenti. In Regno Unito fu bandito per oltre vent’anni, in Germania bloccato per vilipendio della memoria storica, e in Francia accolto in circuiti parigini specializzati. Linda Williams (1989) colloca Up! nel contesto della “frenesia del visibile”, ossia nella necessità di superare il confine del mostrabile per disinnescare l’ordine moralistico.
In Italia, il film fu distribuito in versione pesantemente censurata e rimontata sotto il titolo “Le deliranti avventure erotiche dell’agente speciale Margò“, privato delle sequenze più politicamente e sessualmente trasgressive.

UP! – Femminilità, potere e pornografia
Le protagoniste di Up! non sono vittime ma agenti iperbolici. In linea con quanto analizzato da Kipnis e Williams, il corpo femminile nel cinema di Meyer è ambivalente: superficie erotica e soggetto d’azione, carne esposta e veicolo di vendetta. La violenza è grottesca, la sessualità caricaturale, ma sempre centrata sull’appropriazione del potere tramite il corpo. Meyer destruttura il modello narrativo patriarcale rendendo il maschio debole, ridicolo o impotente, e attribuendo alla donna una potenza mitica e iconoclasta.
Up! si configura, nel panorama del cinema exploitation statunitense, come un esempio sofisticato di pornografia ideologica. Attraverso un uso consapevole del kitsch, Meyer trasforma il corpo in linguaggio e la pornografia in satira politica. La sua estetica iperbolica e autoconsapevole anticipa riflessioni che solo il cinema postmoderno e femminista radicale avrebbero pienamente articolato.
La critica americana ignorò in larga parte Up! al momento dell’uscita, relegandolo nel ghetto del softcore e dell’exploitation. Tuttavia, studiosi come Linda Williams e Jack Stevenson hanno successivamente riconosciuto il valore teorico e iconografico dell’opera. In Francia, il film venne accolto con maggiore attenzione critica, soprattutto in riviste come Cahiers du cinéma e Écran, che ne riconobbero la forza parodica e la sua vicinanza con il cinema d’avanguardia e con Bataille. In ambito accademico anglofono, il film è stato incluso in corsi universitari sulla pornografia e sulla teoria del corpo, mentre nel mondo dei festival è stato riscoperto a partire dagli anni novanta del novecento, come esempio di cinema “radicalmente scorretto”.
Severin Films continua a pubblicare la serie bosomania dedicata ai film restaurati di Russ Meyer
Dopo esserci occupati di Motorpsycho, ci occupiamo dell’edizione 4k + Blu Ray di “Up”
Il restauro dai negativi originali in 35mm rilancia tutto il fulgore colorimetrico del film, proposto in 4k nativo (2160p) HDR10, con rapporto 1:85:1.
Oltre al disco 4k Severin include anche un disco Blu Ray per consentire una compatibilità assoluta nella visione. L’audio è un DTS-HD oppure l’originale 2.0 Mono.
Sono presenti sottotitoli in lingua inglese per non udenti.
Per la prima volta in assoluto in UHD la copia in nostro possesso ha dimostrato notevoli prestazioni dal punto di vista del colore, con alcuni effetti di granulosità nelle scene più scure e quando aumenta generalmente la saturazione. Ma il risultato complessivo è davvero brillante.
Buono il comparto Extra, che include un commento audio con la storica del cinema Elizabeth Purcell e il documentario “No Fairy tale…this!” che include un’intervista divertentissima a Raven De La Croix, che racconta moltissimi aneddoti del film. Il contenuto prodotto originariamente da Blue Underground e Arrow Video.
Presente anche uno spot radiofonico di 30 secondi che promuoveva il film negli States.





