giovedì, Dicembre 5, 2024

Sotto Shock (Shoker) di Wes Craven: la morte viene dal catodo. L’approfondimento

Horace Pinker, uno dei villain craveniani meno celebrati, torna in una bella versione digitale grazie all'edizione limitata di "Sotto Shock" pubblicata da Midnight Classics. Oltre ad un dettagliato video unboxing, vi proponiamo un lungo approfondimento sul film di Wes Craven realizzato nel 1989

Horace Pinker, tecnico elettronico specializzato nella riparazione di apparecchi televisivi, è uno dei villain più deliranti del geniale regista americano. Dopo l’esecuzione sulla sedia elettrica a causa dei suoi efferati crimini, sfrutta l’energia ad alto voltaggio per trasferirsi da un corpo all’altro e per cavalcare le onde elettromagnetiche della trasmissione televisiva come un vero e proprio fantasma della ionosfera. Solo in questo modo potrà preservare la propria immortalità, tra materia e anti-materia.

Horace Pinker e lo spettatore sotto shock

di Michele Faggi

Quando il detective Don Parker chiede ai suoi uomini di forzare il regno catodico di Horace Pinker, i numerosi apparecchi televisivi impilati nel laboratorio come un rudimentale videowall, sembrano la versione negativa dell’arte combinatoria e possibile di Nam June Paik. La rappresentazione metastorica degli Stati Uniti D’America viene vomitata da un flusso continuo di immagini che mostrano in sequenza gli orrori della guerra del Vietnam, la violenza del Ku Klux Klan, un cimitero costituito solo da crani. Le stesse immagini, in close-up, aprono il film di Wes Craven mentre la voce di Paul Stanley canta sulle note di “Shocker”. Le mani di Pinker assemblano circuiti, cambiano fusibili, cercano di fissare la sintonia instabile di quel flusso come se provenisse dal segnale fantasma di una diversa curvatura temporale. Quella del serial killer è una manualità selvaggia vicina ad una pratica necromantica e se Paik dipingeva dentro la cornice televisiva con circuiti e potenziometri, Pinker con le mani sporche di sangue assembla e rievoca gli orrori del novecento incorporando nel rituale il totem contemporaneo della comunicazione mediale, vero e proprio broadcaster di morte.

Da Poltergeist di Tobe Hooper fino al più vicino “Prince of Darkness” di John Carpenter, le onde elettromagnetiche che veicolano segnali televisivi, cambiano la cognizione spaziotemporale connettendoci con una metafisica più inerente il comportamento della materia che la sopravvivenza dello spirito.
“Sotto Shock”, come due anni prima il film di Carpenter, elabora questo passaggio, spezzando il dualismo mente/corpo della figura criminogena per mettere in comunicazione i due mondi.

Sin da Deadly Blessing Craven individua nello spazio casalingo, nella dimensione famigliare e negli oggetti di consumo i passaggi dimensionali per estendere e in molti casi distruggere l’univocità del set come produttore “centrale” di senso. Ecco perché ad un osservatore disattento, i film del regista statunitense sembreranno tutti molto simili, come quelli di Roger Corman, provenienti dalla stessa cellula narrativa, quando al contrario è proprio nell’estrema ripetibilità dei “contenitori” (personaggi, luoghi, situazioni) che si verifica la massima fluidità del possibile e la disgregazione dell’illusione cinematografica industriale, sempre più importante nel cinema a venire di Wes Craven.

Al di là delle occorrenze produttive che hanno bloccato sul nascere le potenzialità seriali di “Shocker”, inizialmente concepito per ripetere la fisiologia della saga come per il personaggio di Freddy Krueger, Horace Pinker rimane una delle invenzioni più riuscite tra quelle scaturite dalla fantasia del regista americano.
Horace, nell’incerta etimologia del nome oracolo oppure uomo del tempo, interroga i componenti elettronici di un televisore come fossero viscere, attraversando il cuore nero dell’America con un’interferenza statica, una scarica improvvisa di rumore rosa che contamina i palinsesti correnti.

É dal rituale scopico più crudele del sistema penale statunitense che ricava energia. Descritta nelle sue caratteristiche grottesche e teatrali, la rappresentazione della pena capitale diventa l’energia negativa attraverso la quale il crimine può continuare a propagarsi. Il sistema proibizionista fallisce proprio dove mette in atto gli strumenti di repressione, condividendo con i “mostri” lo stesso potenziale energetico.

Pinker rinasce ed estende le sue capacità nel momento dell’esecuzione diventando immateriale come la forza ad alto voltaggio che gli consente di viaggiare attraverso le onde radio.

Lo zapping da un corpo all’altro che può permettergli di agire nel mondo fisico, ha la struttura frazionata del flusso programmato. Transitorio e sequenziale come la fenomenologia televisiva, mantiene l’identità  del serial killer solo attraverso lo strascicare zoppicante della gamba, elemento semiotico riconoscibile, interferenza che svela il trucco. Nel passaggio da un involucro all’altro Pinker assume maschere intercambiabili in uno spazio dove denuncia la propria fragilità, ma può garantirsi anche una temporanea invisibilità, riuscendo a confondersi con la rappresentazione del cittadino comune, passando dal corpo di una bimba a quello di un tutore della legge.

Il male non è più un elemento identificabile attraverso prassi e metodi sottoposti ad indagine deduttiva, ma disperde le tracce seriali in una processualità intrinseca alla stessa struttura sociale. Fino a quando Pinker si incorpora può mimetizzare la sua ferocia entro la maschera della rispettabilità, diventando paradossalmente invisibile proprio durante la materializzazione nella realtà empirica.

Non è un caso che Pinker come pura essenza abiti il mondo della comunicazione mediale: dove il valore delle immagini eccede quello del testo, può diventare segnale puro, irriconoscibile, energia di un male pervasivo che si identifica con il cuore del consumo domestico.

Il cinema di Craven è anche un’iperbolica tragedia famigliare che osserva l’eredità generazionale come un lascito ineludibile di orrore e violenza e in questo contesto, la connessione tra Jonathan Parker e Horace determina quella brutale perdita dell’innocenza a cui sono sottoposti tutti gli adolescenti dei suoi film. Il giovane campione di football perpetra il linguaggio della vendetta, contribuendo all’esecuzione capitale del Serial Killer e assumendo le funzioni di quell’apparato repressivo che nutre il cuore criminale del paese. Allo stesso tempo, è ancora una volta l’ereditarietà che lega indissolubilmente i due personaggi.

Ecco che il linguaggio dei media esonda dall’iperrealismo di Craven che usa i corpi, le posture e le parole di Pinker come un supertesto eterogeneo e non più perimetrabile, desunto da palinsesti impazziti. Oltre agli slogan usati dal crudele Horace, tra cui il noto tormentone del Kentucky Fried Chicken (“da leccarsi i baffi”, “Finger’s licking good” nella versione originale) è il suo moniker, “The Family Slasher”, ad indicare ironicamente il ruolo dei media.

Se in Poltergeist il televisore finiva in un angolo, come strumento capace di generare la disgregazione del nucleo famigliare, nell’America vicina agli anni novanta non c’è più niente da fare, gli schermi sono ovunque e la morte è il motore principale del flusso.

Questa dinamica che ha cannibalizzato tutta la realtà traghettandola nella temporalità televisiva, tra rottura della quotidianità e dislocazione dell’evento, modella lo spaziotempo individuale e famigliare con la logica del flusso e della ridondanza.

La simbiosi tra l’effetto di realtà della diretta e quello della rappresentazione, diventa evidente quando Pinker e Jonathan lo smascherano entrando dentro la frammentarietà del flusso per ingaggiare una battaglia nella cornice catodica. La cooperazione implicita con l’effetto di realtà viene improvvisamente denudata dallo slapstick delle situazioni, rendendo esplicita la frammentarietà e la circolarità dei segmenti costitutivi, non importa cosa siano e da dove provengano, perché Craven ne mostra improvvisamente la qualità magmatica.

Sotto Shock, lo spettatore può svegliarsi per un attimo, prima di perdersi completamente nel futuro prossimo dei social media.

Turn on, tune in, drop out (Dr. Timothy Leary)

L’edizione Midnight Classics viene pubblicata con un packaging rivisto e corretto rispetto alle consuetudini della label, in base ad una ricerca di marketing effettuata ascoltando i desideri dei fan. Il booklet di 24 pagine contenuto nel consueto mediabook è separato dal resto della confezione e contenuto all’interno del cofanetto stesso, per consentire una fruizione più agile.

Sotto Shock, gli extra dell’edizione limited Midnight Classics

L’edizione Blu Ray che abbiamo analizzato con il nostro unboxing video, contiene più di un’ora di contenuti speciali che esaminano il film con una serie di interviste, making of e featurette. Vediamoli in dettaglio

Le avventure di Alison: intervista all’attrice Cami Cooper” è un contenuto di 17 minuti che racconta il personaggio di Alison, la fidanzata di Jonathan Parker brutalmente uccisa da Horace Pinker e che si manifesta come spirito guida ed energia contrapposta a quella negativa del serial killer. Ultima di una serie di figure famigliari massacrati, rientra nella galleria di vittime craveniane, capaci di illuminare una realtà completamente compromessa. La Cooper racconta i provini, il modo in cui si è avvicinata al personaggio, il rapporto con Craven e il suo ritiro successivo dalle scene

L’elettricista: intervista con l’attore Mitch Pileggi” è un contenuto della durata di 18 minuti, interamente dedicato all’attore che da il volto al terribile Horace Pinker. Anche Pileggi racconta il suo rapporto con Craven e gli aneddoti più gustosi sul suo ingaggio per il film. 

E’ vivo: intervista con il produttore esecutivo Shep Gordon” Un’autentica chicca che esce lievemente fuori dal contesto del film di Craven, per raccontare l’avventura produttiva della Alive Films, casa di produzione indipendente che oltre a “Sotto Shock” di Craven produsse anche “Il signore del Male” ed “Essi Vivono” di Carpenter. Il contenuto si concentra soprattutto su questi tre titoli.

No More Mr.Nice Guy: La musica di Sotto Shock” è un documentario di 26 minuti che si sofferma sulla colonna sonora del film, con interviste ai protagonisti della stessa. Oltre a Paul Stanley dei Kiss che canta la traccia di apertura, nei brani si alternano Desmond Child alla produzione, Vivian Campbell, Tommy Lee e Rudy Sarzo. Child scrive anche un pezzo insieme ad Alice Cooper, intitolato “Love Transfusion” e affidato a Iggy Pop.  Mentre la nota “No More Mr. Nice Guy”, traccia originariamente scritta da Alice Cooper per il suo “Billion Dollar Babies” del 1973, viene re-interpretata dai Megadeth insieme al solito Desmond Child. 

Vintage making of“: è una featurette di soli 9 minuti realizzata come Electronic Press Kit all’epoca dell’uscita del film. Interviste al cast e alla crew, con alcune immagini girate durante la lavorazione.

Galleria fotografica” è una galleria di foto dietro le quinte a qualità HD

Storyboard” mostra alcuni storyboard creati per il film

Trailer” trailer ufficiali del film

Radio Spot” spot radiofonici

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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