martedì, Marzo 19, 2024

Cuba and the cameraman di Jon Alpert la conferenza stampa a Venezia 74

Cuba and the cameraman di Jon Alpert fuori concorso a Venezia 74 (non fiction) Usa / 113’ – la conferenza stampa

Lingue: Inglese, Spagnolo
Sceneggiatura, fotografia, regia e suono: Jon Alpert
Montaggio: David Meneses

Jon Alpert ha filmato Cuba dal 1972, instaurando un rapporto privilegiato con Fidel Castro, ma già anni prima era rimasto affascinato dalla gente e dalla cultura di Cuba. Il documentario abbraccia molto decenni della storia di Cuba, per esempio Jon Alpert documenta l’Esodo di Mariel del 1979. Le vicende degli anni della caduta dell’Unione Sovietica e dei regimi dell’Est e ci riporta diverse interviste molto “intime” con Fidel Castro. Il regista Jon Alpert ci racconta il film in conferenza stampa a Venezia 74.

Prima domanda per il regista Jon Alpert:
hai girato in tante aree del mondo ma cuba è diventato il progetto di una vita è così?

Ho fatto film in tutto il mondo – risponde Jon Alpert – ma Cuba è stato il primo paese che ho visitato fuoi dagli USA.

Ci sono stato la prima volta in un periodo molto critico dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba. Il governo cubano non voleva americani sull’isola.

La prima volta che ho cercato di andare a Cuba ero con mia moglie, su una barca a vela e non volevano farci sbarcare a terra, abbiamo insistito molto per visitare il paese ed alla fine ci hanno fatto fare solo un breve tour di tre ore, le visite successive sono invece andate meglio e ho avuto la fotuna di visitare in lungo e in largo il paese, di soggiornarvi per lungo tempo e di instaurare delle belle e sincere relazioni con la gente di Cuba.

Sono sempre rimasto affascinato da alcuni aspetti delle politiche sociali cubane, dal fatto che avessero istruzione e sanità gratis, politiche sociali che noi negli Stati Uniti non abbiamo e che invece sarebbero necessarie.

In questo film condenso un girato di decenni, ho attraversato 40 anni di storia cubana.

Questo documentario non sarebbe stato possibile senza l’apporto di Netflix. Quando abbiamo parlato della possibilità di utilizzare le migliaia di ore di girato che avevo su Cuba loro sono stati subito entusiasti, mi hanno semplicemente detto “ok, di cosa hai bisogno per fare questo film?” 

Per girare Cuba and the cameraman hai utilizzato migliaia e migliaia di ore di filmati, come sei cambiato in tutti questi anni e quanto è cambiata Cuba?

Le storie che raccontiamo nel film si evolevono perchè abbracciamo un periodo molto lungo.

Affrontiamo gli anni dei sogni della rivoluzione cubana, dell’entusiasmo e degli obiettivi delle politiche sociali cubane e la successiva disillusione.

Anche l’attrezzatura che utilizziamo nel film cambia con gli anni, si evolve, tanto si è modificato in questi anni.

Per il regista Jon Alpert:
uno dei temi centrali del film è il rapporto privilegiato che hai con fidel Castro, come è cambiata la tua percezione di Fidel negli anni?

L’ultima intervista che ho fatto a Fidel Castro risale al 1992.

Il nostro rapporto è stato anche conflittuale, per esempio negli anni 70 ho documentato l’Esodo di Mariel, evidenziando come tra le tante persone che volevano lasciare Cuba, le istituzioni cubane avevano inviato anche molti pazienti degli ospedali psichiatrici e molti detenuti ed è grazie anche al nostro reporatage che il Presidente Carter decise di non accogliere più le migliaia e migliaia di profughi cubani che volevano lasciare il paese, molti di questi avevano lasciato il lavoro, venduto la propria casa per andarsene da Cuba e lo stop creò notevoli problemi per la re-integrazione di queste persone nella società cubana.

Dopo questo episodi per tanti anni non ero più il benvenuto a Cuba.

Nel film ho cercato di mostrarvi un lato personale di Fidel Castro, questo perchè avevamo una relazione di amicizia e a mi interessava mostrare non tanto il capo di stato Castro, ma il Fidel più intimo, la sua vita quotidiana e le sue vulnerabilità.

Penso che nel nostro rapporto abbia senz’altro influito il mio lavoro di media attivista che svolgo a New York nel centro da me fondato nel 1972 (il Downtown Community Television Center o DCTV di New York).

Per Jon Alpert:
Nel film emerge molto chiaramente una differenza tra il sogno iniziale della rivoluzione cubana e la successiva disillusione, come ha mantenuto questo equilibrio?

Si questo è un aspetto importante che volevo mostrare in Cuba and the cameraman.

Quando faccio un film penso di stare seduto su un divano a guardarlo con mia madre e voglio girare un film che sia interessante e allo stesso tempo possa far cambiare idea su alcune tematiche. Il mio cinema è sempre lo stesso è uno sguardo sulle persone, sulla gente comune.

Marco Pini
Marco Pini
Marco Pini si occupa di Web marketing, sviluppo web e web 2.0 da più di un decennio

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