Home festivalcinema Berlinale64 No man’s land di Ning Hao: Berlinale 64 – Concorso

No man’s land di Ning Hao: Berlinale 64 – Concorso

Sono passati alcuni anni dal completamento di No Man’s land alla sua effettiva distribuzione internazionale, questo perchè il film ha avuto non pochi problemi in sede di censura per il modo in cui la Cina globalizzata viene rappresentata, anche se attraverso l’astrazione metaforica del deserto del Gobi, dove il film è interamente ambientato e con toni che sono molto diversi dal bellissimo “A touch of sin” di Jia Zhangke.

Ning Hao, dopo una serie di commedie vorticose, sceglie un tono più cinico avvicinandosi ad una rilettura trasversale della cultura pulp anglofona, riferendosi a modelli ben noti ed esasperandone sostanzialmente la superficie.

Xu Zheng interpreta l’avvocato Pan Xiao, che dopo aver seguito un suo cliente, trafficante di falchi, fino nel deserto del Gobi, per allestire la difesa in seguito all’omicidio di un poliziotto, si farà prestare dallo stesso trafficante un’auto nuova fiammante come pegno temporaneo per il  saldo della parcella. Ma il viaggio dell’avvocato non sarà cosi semplice, perchè dopo aver investito accidentalmente un complice del suo assistito, dovrà fare i conti con un’umanità borderline che infesta gli spazi senza fine del deserto, in una riproposizione iper-realista dei valori di sopravvivenza del West più selvaggio.

Con un viraggio color seppia che fa pensare all’Hardware di Richard Stanley e un armamentario meccanico degno del primo Mad Max, lo scenario di No Man’s Land si delinea da subito come un territorio sostanzialmente citazionistico, che lascia in verità poco spazio ad una visione della Cina contemporanea che non sia semplicemente quella di un decòr iper-realista e di alcuni aspetti narrativamente allusivi, legati appunto ad una terra senza regole dove la sopraffazione raggiunge i livelli più basici e la legge viene completamente assorbita dal contesto.

Ning Hao da un certo punto in poi sembra maggiormente interessato ai meccanismi di uno slapstick violento e ad un continuo slittamento degli eventi quasi se trovasse a dover dilatare la funzionalità narrativa delle sue commedie di situazioni in un landscape sempre uguale a se stesso e dove l’orizzonte visivo si perde.

Divertente e assolutamente pirotecnico, No Man’s Land non è certo un film incisivo e innovativo, si ferma sempre un momento prima che la funzione spettacolare si inceppi, nella speranza quindi che possa lasciare aperta una visione più complessa sulla storia della Cina contemporanea; esattamente come i cacciatori di falchi Ning Hao non è interessato a nessuna deriva, punta al sodo, ai fuochi d’artificio e ad una coreografia parossistica allestita open air.

 

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