giovedì, Marzo 28, 2024

Wrong Cops di Quentin Dupieux al Torino Film Festival 31

Già visto al Sundance film Festival 2013 il nuovo film di Quentin Dupieux, conosciuto in ambito musicale come Mr. OIZO, creatore di quella via francese all’elettronica che tra i più e i meno recenti include artisti come Kavinsky, e per altra via Sebastian Tellier. arriva dopo due film allucinati come Wrong e Rubber, esempi di come la prassi compositiva del nostro abbia contribuito alla creazione di un universo visivo espanso che proviene direttamente da quell’esperienza. Rispetto all’astrazione totale di Rubber, Wrong Cops è in effetti concepito come un remix. Diviso per capitoli, di cui un primo girato qualche anno fa, si sviluppa a partire dallo stesso “wrong” di cui può essere considerato un vero e proprio spin off e procede mettendo insieme una serie di variazioni sul tema.

Due Poliziotti, Duke, interpretato da un repellente e straordinario Mark Burnham e Renato (Eric Wareheim), si muovono in una Los Angeles futuribile come la versione post-moderna di un quadro di Hopper, facendo fronte alla totale eliminazione del crimine con una serie di abusi a catena agiti più che altro per combattere la noia. Con loro Shirley (Arden Myrin), avida ed isterica, e una varia umanità più deviata che derelitta, che include Sunshine (Steve Little), uno dei clienti di Duke dipendente dalla droga, che sorpreso all’interno di una rivista porno-gay mentre si fa sodomizzare in montura da poliziotto, viene ricattato dal terzetto a scopo estorsione.

Completano il quadro, la figlia e la moglie di Sunshine, disegnate sul modello iper-pop del sogno americano osservato attraverso la lente clippara dei ’90 (vengono in mente i quadretti famigliari di Black hole Sun nell’omonima clip per i  Soundgarden), ovvero un modello immaginato dalla retorica popolare più che realmente vissuto, un poliziotto di colore appassionato di elettronica Carpenteriana che cerca inutilmente di sfondare nella discografia, e David Delores Frank, ragazzino cresciuto interpretato da Marilyn Manson, che porta su di se lo stigma dell’abuso subìto e della demenza.

Dupieux manda avanti il film con la stessa iper-attività ritmica di “flat-beat” spingendo a fondo il pedale su una surrealtà a rischio quadretto demenziale, confermata dalla presenza cameo di personaggi in parte presi dall’universo Lynchiano come Grace Zabriskie e Ray Wise e utilizzati per fulminanti apparizioni di matrice televisiva. In fondo, nel calderone c’è posto per il circo dei Monty Python,  per show sul modello di  di Tim & Eric (Eric Wareheim viene da li) e per l’universo distorto e mutante di Chris Cunningham, ma senza quell’estremismo  “frattale” che è tipico di video come il geniale  Windowlicker.

Dupieux non sembra avere la volontà teorica, decostruzionista e “plagiarista” di Cattet-Forzani ne tantomeno la loro qualità armonica e musicale, come scrivevo da questa parte, preferisce mantenere la forza trainante e funzionale del groove (e questo non è necessariamente un male) e allo stesso tempo un’intellegibilità balorda, quella della gag innocua e ben delineata che, come nella sua musica, fatta per lo più di campionamenti ludici, si illude di disturbare con una semplice variazione sulla prassi e la frequenza del rovesciamento.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker e un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana. È un critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media. Produce audiovisivi

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