Home festivalcinema cfshort5 Il mondo di Fusako Yusaki: l’evento speciale al Ca’ Foscari Short film...

Il mondo di Fusako Yusaki: l’evento speciale al Ca’ Foscari Short film festival 5

Erano i primi anni novanta, e Raiuno, in seconda serata trasmetteva una trasmissione destinata ad avere vita breve, intitolata Fantasy Party. Condotta e curata da Maurizio Nichetti selezionava cinema d’animazione proveniente da tutto il mondo offrendo spazio alle nuove tendenze e recuperando classici del cinema sperimentale dei trent’anni precedenti. Si trattò del primo e unico tentativo della tv di stato di aprire uno spazio dedicato all’animazione di qualità, consentendo al pubblico generalista di conoscere le opere di Jan Svankmajer, Zbigniew Rybczyński, di comprendere l’importanza di scuole come quella di Zagabria, di entrare in contatto con il patrimonio sommerso della nostra animazione – le prime opere di Guido Manuli, quelle dello stesso Bozzetto – e di ammirare l’arte delle grande Fusako Yusaki, di cui passarono opere virtualmente sconosciute per il pubblico televisivo come “Pentalogia del mondo perduto”, che ancora conservo  in una registrazione VHS in via di smagnetizzazione.

La tecnica di lavorazione della plastilina nel cinema d’animazione, nota come claymation, è una delle tante declinazioni dello stop motion e rispetto ad altre mantiene una relazione aptica con la creazione per ovvie ragioni; il contatto con la materia, rispetto al disegno o al cutout – il ritaglio, tanto per intenderci – diventa esso stesso parte del processo, lasciando tracce visibili e contribuendo alla creazione diretta del movimento, tra strategia tecnica e imprevisto, abilità e improvvisazione, quanto di più vicino allo spirito di una jam session, di cui si conoscono i parametri standard ma che ci apre continuamente alla percezione della mutazione.

Fusako Yusaki nasce nel 1937 in Giappone, si laurea in design creativo ventitre anni dopo e dopo aver vinto numerosi concorsi si trasferisce a Milano nel 64, dove vive tuttora, frequentando l’accademia di Brera. Il suo lavoro ha attraversato e attraversa anche adesso, momenti di grande notorietà in ambiti specifici, basta pensare alle animazioni realizzate per la Fernet Branca nei primi settanta e alle numerose serie trasmesse per Rai Yoyo e la televisione svizzera anche in tempi recentissimi.
Il suo approccio, artigianale e fieramente ancorato al cinema d’animazione della tradizione sperimentale, non è mai cambiato anche quando il target di riferimento era quello didattico o ludico-creativo di prodotti destinati ad un pubblico di bambini – ricordiamo le sigle per L’albero Azzurro, personaggi come Peo immerso in contesti storico artistici che vengono distrutti e ricreati, Talpy, Naccio e Pomm –

Ospite speciale della quinta edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival, Fusako Yusaki ha presentato alcune delle sue opere al pubblico veneziano intervenuto numeroso all’auditorium santa margherita, per ammirare una selezione curata da Roberta Novielli, direttrice del festival e autrice di un bellissimo volume in uscita per Marsilio – di cui parleremo presto – intitolato Animerama, storia del cinema d’animazione giapponese, dove ci sono alcune pagine dedicate proprio a Fusako Yusaki.

Trascrivere quello che la grande animatrice giapponese ha raccontato in sala, guidata dalle domande di Davide Giurlando, esperto d’animazione e curatore qui al festival del workshop anymation, non renderebbe giustizia della forza ludica e spirituale di questa artista, il cui linguaggio ha una consistenza molto vicina al modo in cui affronta la materia, ovvero vivissimo e sagace, ricco di motti di spirito e di aneddoti.

Tra gli spot per la Fernet, realizzati in bianco e nero ma come ha spiegato, con materiali già colorati per prepararsi al futuro avvento del colore e alla manipolazione di una materia, cromaticamente più complessa da gestire rispetto alla scala di grigi, si sono avvicendate le immagini di un vero e proprio “mondo perduto”, resistente rispetto alle tecniche digitali, che la stessa Fusako Yusaki ha definito “comode”, ma rivendicando la forza creativa insita nella manualità, come propellente fondamentale per un cinema “animato”, la cui parola nasconde una prospettiva anche spirituale.

Tutto, nel cinema dell’autrice giapponese, è sottoposto all’equilibrio alchemico tra controllo dei mezzi e capacità di adattamento; la mutazione, ha spiegato, può prendere una direzione imprevista, crollare, scivolare e scomparire, il suo lavoro è un continuo creare, cancellare, distruggere, e ricreare dal niente oppure da una forma improvvisamente diventata altro. Per chi guarda, la sensazione è quella di un’esperienza immersiva in piano sequenza, non importa se realizzata con 25 fotogrammi al secondo, perchè sostanzialmente infinita.

E quando Peo, scelto dalla selezione dello Short nell’episodio in cui entra dentro l’arte di Bruegel, scompagina il mondo statico dell’arte, il suo non è uno sberleffo iconoclasta, al contrario, rende la fruizione museale come esperienza in continuo movimento, e ci consente di re-imparare a guardare, divertendoci come bambini.

Exit mobile version