martedì, Marzo 19, 2024

The Homesman di Tommy Lee Jones a Cannes 2014: non mi interessano gli stereotipi

Tre donne devono attraversare quattrocento miglia a bordo di una carovana, sono completamente folli, ammalate di schizofrenia, le guida Mary Bee Cuddy (Hilary Swank) con l’aiuto di George Briggs, un disperato interpretato da Tommy Lee Jones, la cui vita viene salvata da Mary, fatto che lo mette in condizione di sentirsi in debito con lei. I due personaggi non si piacciono all’inizio, ma sanno di dover contare per forza l’uno sull’altro, fino ad arrivare a comprendersi reciprocamente. L’obiettivo è attraversare la frontiera lungo tutto il Nebraska del 1854 e raggiungere il più “civilizzato” Est, in Iowa, dove la moglie di un ministro della chiesa interpretata da Meryl Streep le aspetta per migliori cure. Il viaggio sarà un doloroso passaggio in mezzo ai pericoli e alla brutalità, attraverso le quali Tommy Lee Jones racconta una storia differente sulle origini del suo paese. Girato nel New Mexico con una visione che lo stesso Tommy Lee Jones ha definito “minimale”, è un film in cui il paesaggio e il punto di vista sono quelli della “linea che divide il cielo dalla terra”, ovvero un territorio che diventa necessariamente “emozionale più che naturale”.

In conferenza stampa erano presenti oltre a Tommy Lee Jones e Hilary Swank, le interpreti Sonja Richter e Miranda Otto e i produttori Luc Besson, Michael Fitzgerald, Peter Brant e Brian Kennedy.

“Ho capito in pochi secondi che Hilary Swank era perfetta per il ruolo” ha detto Tommy Lee Jones  “sia fisicamente che emotivamente, non ha paura di niente e poi conosce bene il Nebraska, è nata li!”. È un personaggio sfaccettato quello di Mary Bee Cuddy, molto forte e con un’inattaccabile integrità morale “Qualcuno che vorresti al tuo fianco” ha detto la Swank  “ma interiormente più vulnerabile; i personaggi che Tommy ha creato per il film sono molto complessi e vulnerabili, sono personaggi veri, e questo li rende universali, non semplicemente Americani”

“Il modo migliore per lavorare con gli attori” ha aggiunto Lee Jones “è aiutarli a fare quello che sanno fare meglio, non ha senso forzarli a fare qualcosa che non riescono a fare o che non è nelle loro corde; il mio ruolo è quello di far emergere nel miglior modo possibile quello che hanno dentro”

A chi gli chiedeva su quali basi storiche ha sviluppato il suo film, Tommy lee Jones ha risposto di aver letto molti libri “incluso uno in particolare dedicato alla pazzia delle donne nel diciannovesimo secolo. Abbiamo imparato molto su diverse tipologie di disagio mentale; pensavano che per curare la schizofrenia le persone dovessero essere infilate nell’acqua ghiacciata per otto ore. Molta documentazione utilizzata era visiva, sopratutto i libri fotografici del diciannovesimo secolo, anche da un punto di vista dell’architettura del paesaggio”. Sulla pazzia si è espressa anche Sonja Richter: “per la preparazione del mio ruolo ho cercato di trovare un posto interiore dove potevo rintracciare dentro di me questa follia; ho scritto anche un libro sull’argomento (N.d.r. e girato anche un film come “Villa Paranoia”) e ho cercato di muovermi dall’interno all’esterno e poi dall’esterno all’interno”

È un western fuori dai canoni quello di Tommy Lee Jones, e a chi rimarcava questo aspetto chiedendogli motivazioni di natura politica, il regista ha risposto: “non voglio nascondere che il tema dell’imperialismo Americano sul lato ovest del Mississippi sia un sottotesto presente, abbiamo pensato a questo in fase preparatoria, quando scrivevamo il film e quando lo abbiamo realizzato, ma vorrei che The Homesman parlasse da solo su questi aspetti; l’originalità per me è comunque la cosa principale, quando la trovi non devi esitare, e siamo stati piuttosto fortunati nel trovare la nostra via, non ti senti cosi se sei parte di un sistema”

Tommy Lee Jones, di poche parole e notoriamente refrattario all’insistenza dei giornalisti, ha elargito una serie di risposte secche e di splendido pragmatismo, forse l’antidoto migliore alle sciocchezze che emergono dalla “creatività” della stampa quotidiana nei contesti festivalieri, a chi gli chiedeva lumi e idee sulla condizione delle donne ha risposto prima dicendo che “per capire gli errori del presente (n.d.r. la condizione delle donne oggi) è importante comprendere quelli del passato” e poi dicendo “non penso ci sia una sola donna in questa stanza che non si sia mai sentita ridotta a puro oggetto a causa del suo genere”

Piccole, splendide docce fredde che Tommy Lee Jones ha comunque bilanciato con una notevole cortesia: “vi ringraziamo per lo sforzo nel far le domande in inglese, per la vostra pazienza e per ascoltarci nella nostra madrelingua, sappiamo di essere in Francia e lo apprezziamo molto”

Sempre a proposito della forza femminile, su quella di Hilary Swank per esempio, non ci sono dubbi: “alcuni personaggi che ho interpretato” ha detto l’attrice “sono persone profonde e solide, questo è vero in particolar modo per Mary Bee Cuddy; oggi l’idea della virtù è difficilmente comprensibile, ma è importante capirla per interpretare personaggi cosi fermi nelle loro idee”

I vari tentativi di condurre The Homesman in un territorio di appartenenza ad uno specifico genere cinematografico vengono nuovamente disinnescati da Tommy Lee Jones: “The Homesman può essere considerato un “western” anti convenzionale perchè il viaggio procede al contrario rispetto ai film che impiegano cavalli e carovane e i protagonisti sono donne, donne matte invece di uomini eroici; l’utilizzo della parola “genere” non mi interessa, dal nostro punto di vista abbiamo fatto il miglior film possibile sulla Storia dell’espansione dell’ovest, su un destino chiaro e manifesto, ma non è assolutamente una questione di generi, non ci interessava altro se non fare un film sulla storia Americana dal nostro punto di vista”

In un altro contesto, Lee Jones aveva sottolineato il suo disinteresse per l’idea che negli anni ha assunto il termine Western: “mi sono fatto l’idea che sia un tipo di cinema con grossi cappelli, grandi cavalli, ambientato per lo più nel 19mo secolo ad ovest del Missisippi. Ho letto articoli di critici imbecilli definire film di fantascienza come Western, è un termine che le persone utilizzano spesso ma credo che non abbia più senso, io non lo so cosa sia un western”

Anche il produttore Luc Besson ha sottolineato questo aspetto: “Questo film tratteggia un’idea degli USA che è poco conosciuta in Europa, non sappiamo di tempi così duri, conosciamo tutti il sogno americano ma è interessante e importante capire cosa è accaduto prima di questo sogno”

A chi chiedeva a Tommy Lee Jones se avesse potuto temere le critiche relative ad una scena dove i personaggi hanno paura di essere uccisi non appena incontrano un gruppo di nativi Pawnees, il regista Americano ha prontamente respinto al mittente il concetto: “non mi interessa, quegli attori sono tutti nativi americani, sono ritenuti esperti cavallerizzi, ma nessuno di loro sarebbe capace di cavalcare realmente, ma sembrano dei Pawnees, per ottenere questo risultato abbiamo fatto ricerche molto approfondite, e non mi vergogno affatto se da quello che si vede possono essere considerati potenziali omicidi dai personaggi del film. Non nascondiamo certo la verità ne ci interessano gli stereotipi”

Rachele Pollastrini
Rachele Pollastrini
Rachele Pollastrini è curatrice della sezione corti per il Lucca Film Festival. Scrive di Cinema e Musica

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