Home festivalcinema Tikkun di Avishai Sivan – Locarno 68, Concorso

Tikkun di Avishai Sivan – Locarno 68, Concorso

Haim-Aron (Aharon Traitel) ha un approccio agli studi talmente rigoroso da rasentare l’abnegazione devozionale tanto da non concedersi distrazioni e da farsi letteralmente sommergere dai rituali della lettura.
Ma in quel suo continuo oscillare tra tentazione del peccato e repressione, nel contesto della comunità ebrea ortodossa di cui fa parte, si fa sorprendere dal caso durante un atto possibile e interrotto di masturbazione, poco prima di un incidente gravissimo avvenuto sotto la doccia.

Dato per morto e in uno stato di coma irreversibile, resusciterà ma in una condizione che lo vedrà cambiato sia dal punto di vista fisico che da quello spirituale.

Tutta una serie di cambiamenti impercettibili per uno spettatore non avvezzo ma assolutamente nodali per la comunità ortodossa, lo vedono progressivamente rifiutare gli aspetti rituali della vita precedente, da quelli più evidenti fino ai gesti di un quotidiano impercettibilmente permeato dal sacro.

Un lazzaro alla rovescia, tentato da una prostituta durante un autostop, che rifiuta i cibi della cucina kosher e che comincia ad abbracciare il dubbio.

Tikkun, dell’israeliano Avishai Sivan, per questa attenzione minima ai gesti di una comunità rituale sembra contenere due film. Uno assolutamente ellittico, affidato alla forza performativa degli attori e al continuo scambio simbolico, anche impercettibile, tra gesti e drammaturgia dello spazio. L’altro più estetizzante e legato al bianconero di Shai Goldman, indubbiamente suggestivo nel catturare l’aria e l’atmosfera della città nella quale hanno luogo le deambulazioni a vuoto di Haim-Aron, solitario e immerso nelle prime luci dell’alba oppure confuso tra l’emergere della nebbia.

Tra questa superficie pregna di senso e forse sin troppo didascalica nella ricerca di un’immagine che sia potente corollario per i segni, emerge comunque il rigore di un autore che non si ferma al valore evocativo della ricostruzione fotografica, ma scende ad osservare la relazione tra abisso e fede, rivelandola attraverso i gesti, le azioni e le interazioni di un gruppo comunitario.

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