martedì, Aprile 16, 2024

Il sud è niente di Fabio Mollo: un racconto di fantasmi

Il lungometraggio di debutto del Calabrese Fabio Mollo arriva dopo un apprendistato formativo svolto tra Londra e Roma e un buon numero di cortometraggi; girato nella sua regione, in una piccola città marittima vicina allo stretto di Messina, è apparentemente un film sulla perdita, ma allo stesso tempo è anche un romanzo di formazione al negativo, un film sui “fantasmi” e una riflessione non banale sull’influenza più endogena e “sottile” della mafia nella vita di un’intera comunità.

Pietro è scomparso, non ci è chiaro come, questo perchè Mollo ci introduce immediatamente all’interno di un dramma percepito attraverso silenzio e rimozione. Grazia fa spesso visita alla barca del fratello ormeggiata sulla spiaggia ed è solo attraverso la sua relazione fisica con il mare che riesce ancora a comunicarci, a vederlo, a incontrarlo in apnea in una dimensione tra sogno e realtà, quasi in contrasto con la brutale geometria della città di cemento dove la ragazza si perde oppure contempla l’orizzonte. “il sud è niente” non ha paura di confrontarsi con il silenzio e con quel pedinamento “a vuoto” dietro ai personaggi, sguardo presente ma allo stesso tempo posto alla giusta distanza, quasi a condividere con l’anima e i corpi di quelle persone la perdita progressiva di memoria, identità, storia.
E il confronto più difficile per Grazia è quello con il silenzio del padre, la cui vita è ormai contratta in un dolore che non vuole rievocare le origini del male, sbilanciato tra una cocciuta protezione della figlia e il peso di un’attività necessaria sulle spalle, la stessa attraverso la quale filtrano frammenti di una vita interrotta, valga per tutte lo sguardo di Valentina Lodovini, che lo osserva dall’altro lato della strada mentre stocca il pesce, comunicandoci l’attesa di un desiderio dolente di cui non conosciamo la storia.
Il mistero sulla morte di Pietro assume allora un duplice significato; quello di una condizione intima e solitaria del dolore, ben rappresentato dalla forza quasi animistica della Nonna, interpretata da Alessandra Costanzo, che con Grazia condivide la speranza e l’attitudine di poter guardare oltre la realtà sensibile; e da un’altra prospettiva il cancro strisciante e invisibile di una piaga morale che spinge la comunità verso il niente.

Grazia, una duttile Miriam Karlkvist, capace di appropriarsi dell’inquadratura con un’interpretazione fisica, durissima e dolcissima allo stesso tempo, attraversa insieme a Mollo luoghi defunzionalizzati, piccole grandi aree desertiche, come il piccolo luna park della famiglia di Carmelo, dove alla parola sostituisce una lettura vitale e disperata di quegli spazi. Sia che si tratti di una serranda da prendere a sassate o di una contemplazione della città inerte da un tetto, Mollo dimostra di essere interessato allo spazio, tanto che i momenti più riusciti del film sono proprio quelli in cui la drammaturgia viene ridotta al minimo, in una dimensione che consente, per esempio, ad un attore come Vinicio Marchioni, di lavorare sugli scarti e sul non detto, per costruire un personaggio dolente e di transito, tra la vita e la morte, quasi una versione intima e nobile di quello terribile e necroforo di Un Consiglio da dio.
Presentato al festival di Roma e a quello di Torino 2013, Il Sud è niente è un piccolo film indipendente che merita di circolare, se non altro come forma di forte incoraggiamento nei confronti di un cinema che parlando della realtà, lo fa senza abdicare troppo alla tendenza grottesca o simbolica delle produzioni Italiane contemporanee, cercando al contrario di tornare, pur con alcune incertezze comprensibili, al cuore più intimo di quella tradizione Italiana “invisibile” e apolide, inseguita dalle nuove onde internazionali e e allo stesso tempo disattesa in patria.

Redazione IE Cinema
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