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The Corpse Bride di Tim Burton – Venezia 62: recensione

Per chi ancora non avesse visto Stainboy la bellissima miniserie realizzata da Tim Burton in flash, gioverà una ricerca serrata su reti alternative, visto che il riferimento ufficiale ospitato all’interno del portale Atomfilms dirotta verso una manciata di dead links e pagine rimosse.

Peccato, perchè l’orrore candido di Stainboy, in quella specie di rilettura non lineare del passo uno che è l’interfaccia di Macromedia Flash piegata alle esigenze dei registi di animazione, è sicuramente una fucina interessante per affrontare la visione di The Corpse Bride, l’ultima realizzazione stop motion di Tim Burton messa in piedi con il sostegno di Mike Johnson, autore del bellissimo corto The Devil Went Down To Georgia e Key animator per i due film di Harry Selick (Nightmare Before Christmas e James & la pesca gigante).

The Corpse Bride mette in scena il confine tra il mondo dei morti e quello dei vivi giocando con la citazione di tutte le possibili realtà cinematografiche (non solo d’animazione) che piacciono a Burton; fra tutte, una scheggia di Via Col Vento davvero irresistibile. Barbara Steele è un’ossessione per il regista americano e torna con i suoi lunghi capelli di morte, modellata e ammorbidita sul volto terribile di Helena Bonham Carter; Victor, lo sposo, è un Johnny Depp di qualche anno fa e malgrado sembri Vincent ormai cresciuto, c’è solo qualche traccia che ricordi l’oscurità di quel bellissimo corto verseggiato dalla voce di Vincent Price, dove il rovesciamento di due mondi funzionava come un rito di passaggio irrisolto e affascinante.

Del sogno “attivo” e iperrealista di Jiri Trnka o di certa animazione surrealista filtrata dal primo Disney a Burton rimane il gusto per il numero che viene generalmente recintato entro le marcature musicali di Danny Elfman; bello e divertente ma niente a che vedere con la forma dolorosa del corpo martoriato che fa esplodere il disegno e il senso nell’animazione di Bill Plympton o il passo uno che lavora sulla costante riallocazione di oggetti e margini nelle alchemiche visioni di Jan Svankmajer, fermo da quell’Otesanek presentato a Venezia ‘57 e finalmente pronto con un’imminente uscita tra Edgar Allan Poe e De Sade intitolata Šílení. Di Tim Burton continuiamo a preferire il vomito di Stainboy che anima ossida e distrugge gli oggetti.

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