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Berlinale 2012 – Fuori Concorso – The Flowers of War di Zhang Ymou (Cina, 2012)

Con  Jīnlíng shísān chāi, tradotto come The Flowers of War e presentato fuori concorso (essendo già uscito in Cina e Stati Uniti) alla Berlinale 62, Zhang Ymou riprende un tema a lui caro: a pochi anni da The Love of the Hawthorn Tree (2010), ecco dunque un nuovo film ispirato alla storia cinese del secolo scorso. Questa volta si tratta un’atroce capitolo di guerra, il massacro di Nanchino, perpetrato dall’esercito imperiale giapponese nel 1937 alla presa della città. La pellicola, trasposizione del romanzo dello scrittore Geling Yan, è una rielaborazione della vicenda di John Magee, missionario statunitense che riuscì a salvare 13 prostitute nascondendole in una chiesa. Nel film il protagonista John Miller (interpretato da Christian Bale) si rifugia durante i bombardamenti nel convento cristiano di Nanchino, dove trova un gruppo di giovani studentesse cinesi sfuggite ai massacri; a loro si aggiungono le prostitute scappate dal quartiere a luci rosse. Il convento è infatti uno dei pochi luoghi sicuri della città, simbolo della civiltà occidentale di fronte alla quale l’esercito giapponese non osa ribellarsi. Nanchino nel frattempo diventa un campo di sterminio. Malgrado non si tratti di uno dei wuxia che lo hanno reso famoso, Zhang Ymou descrive le scene di guerra nel tentativo di provocare il medesimo stupore: guerriglia, trincee e sevizie vengono rappresentate con intensità e spettacolarità tali da ricordare i selvaggi scontri dei film di genere Cinesi. Un paragone valido non soltanto a livello visivo, ma anche comunicativo. In questo tipo di film la contrapposizione tra due schieramenti è quasi sempre una questione territoriale tra invasori ed autoctoni. Nel caso di The Flowers of War, il ruolo di invasore (e carnefice) spetta ad un esercito giapponese che viene rappresentato come insensibile e spietato. Tuttavia, se nei grandi racconti wuxiapan la sproporzione del piano etico rientra in una visione teleologica, in quest’ultimo film Zhang Ymou si avvale della memoria storica per facilitare la caratterizzazione dei personaggi. In questo senso si spiega il ritratto dei soldati cinesi, eroi contro un nemico cieco per i quali il regista si ispira alla grande tradizione occidentale di film bellici. Sempre in questo solco interpretativo rientrano le figure delle prostitute, personaggi controversi che nel corso del film riescono a redimersi dalla fama che le vuole laide e meschine: con l’aiuto del missionario americano fintosi prete, si sacrificheranno per le studentesse del convento, consegnandosi ai giapponesi al loro posto. Film accorato e vivido come tutte le grandi pellicole di guerra, The Flowers of War costituisce un’anomalia almeno a livello produttivo: al fianco dei soliti debuttanti lanciati da Zhang Ymou troviamo qui una stella hollywoodiana. Bale è la dimostrazione non solo della qualità del cinema cinese (che ormai non può più essere messa in discussione), ma di nuove dinamiche economiche, che anche nel cinema si spostano sempre di più ad oriente.

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