martedì, Aprile 16, 2024

L’industriale – L’incontro con Giuliano Montaldo e con il cast

Proiettato già fuori concorso al festival del cinema di Roma  uscirà questo weekend in 85 sale L’industriale, film diretto da Giuliano Montaldo e coprodotto da Bibi Film e Rai cinema. Ieri mattina presso la casa del cinema abbiamo incontrato il regista e i protagonisti Pierfrancesco Favino e Carolina Crescentini. Presenti anche parte del cast (Francesco Scianna, Elena di Cioccio, Elisabetta Piccolomini e Giovanni Bissaca), lo sceneggiatore Andrea Purgatori, Paolo del Brocco di Raicinema e  Angelo Barbagallo di BibiFilm.

Signor Montaldo cosa l’ha spinta a raccontare una storia che, putroppo, diventa ogni giorno più attuale?

Giuliano Montaldo:

L’idea di questo film è arrivata con le recenti  e orrende notizie dei milioni di euro persi ogni giorno del disastro economico in piena “ebollizione” fin dall’anno scorso, vicende di cui siamo vittime e spettatori impotenti. Sulle prime pagine dei giornali si legge, a caratteri cubitali, che sono stati bruciati milioni e milioni di euro. Io non ho gli strumenti per capire chi sia il boia che accende il fuoco di questa pira in cui si brucia il denaro di chi lavora. Ma una cosa mi aveva particolarmente colpito tra le altre: quelle vite spezzate di tanti operai che negli anni del boom economico e dell’ottimismo avevano  costruito con tantissimi sacrifici piccole aziende. E poi quando le hanno viste fallire, travolti dagli eventi diventati più forti di loro, con gli sciacalli alle porte  e le banche che neanche li ricevevano più, soffrendo l’umiliazione della sconfitta dopo tanti sacrifici, hanno finito per suicidarsi.

Ci parli del “suo” industriale…

Giuliano Montaldo:

La storia che con Vera (n.d.r. compagna e cosceneggiatrice) abbiamo scelto di raccontare è quella di Nicola Ranieri (Pierfrancesco Favino), un industriale torinese figlio di un immigrato dalla Puglia, che si imbatte in una crisi economica spaventosa  e tenta orgogliosamente di salvare dal fallimento l’azienda  con circa settanta dipendenti che ha ereditato dal padre. Una crisi che solleva un muro di incomunicabilità anche nel rapporto con sua moglie Laura (Carolina Crescentini)  e che avrà non pochi risvolti drammatici.

Che clima avete trovato durante la lavorazione a Torino e dintorni?

Giuliano Montaldo:

Fin dai primi sopralluoghi nella periferia di Torino ci siamo imbattuti in capannoni vuoti, fabbriche occupate, una grande desolazione. Così insieme allo sceneggiatore Andrea Purgatori abbiamo inserito una scena ambientata in una fabbrica, scegliendo di effettuare le riprese in un opificio normalmente in attività e che lo scenografo Francesco Frigeri ha adattato perché risultasse nella finzione un’azienda occupata. L’effetto è stato così realistico che in un attimo si è sparsa la voce che ci fosse davvero una fabbrica in lotta e in poco tempo sono arrivati operai di altre fabbriche pronti a portare la loro solidarietà, è scattato un vero e proprio allarme ed è arrivata tanta gente impaurita all’idea di una nuova azienda in crisi. I figuranti erano disoccupati o precari, gente vera con la sua tensione e l’esperienza di vita reale dipinta sui volti. C’era una verità sconcertante, sembra una sequenza rubata dalla realtà e invece l’abbiamo costruita meticolosamente, anche grazie alla vivida luce creata dal direttore della fotografia Andrea Catinari.

A proposito di fotografia, come mai ha scelto di girare il film quasi completamente in bianco e nero?

Giuliano Montaldo:

Generalmente dopo aver terminato la sceneggiatura, ho l’abitudine di scrivere delle note che consegno ai miei collaboratori e stavolta avevo scritto che questo film lo sognavo in bianco e nero. Lo immaginavo così perché si racconta una storia che non ha colore. Quando Andrea Catinari mi ha portato a Cinecittà a vedere le immagini desaturate ci sembravano perfette per rendere quell’idea.

Cosa ha significato per voi lavorare con un maestro come Montaldo e che tipo di lavoro avete fatto sul vostro personaggio?

Pierfrancesco Favino:

Giuliano è un “affabulatore” e sono rimasto letteralmente rapito da lui fin dalla prima volta che ci siamo incontrati per parlare del film. Sono andato a casa sua, mi ha offerto un caffè (rigorosamente preparato da lui con la moka) e poi portandomi in un bagno di servizio mi ha detto “Alla fine del nostro lavoro anche tu finirai qui”, perché è in questo bagno che lui tiene appese tutte le locandine dei suoi film. Per interpretare il personaggio di Nicola ho cercato di indagare e capire cosa succede, come ci si sente durante un periodo di profonda crisi e cosa si arriva a fare nel momento in cui tutte le certezze vacillano,  sia quelle materiali che quelle affettive. Quando si parla di crisi in questo momento storico si fa  sempre riferimento ad un problema di soldi, trascurando invece l’effetto che questa ha sull’emotività delle persone. Già nel 2008 leggevo sui quotidiani trafiletti in cui si accennava ad imprenditori che dormivano nelle loro fabbriche magari dismesse o che avevano già deciso di farla finita.  Il mestiere dell’attore ha a che fare con la vita degli individui, non ha a che fare con i grandi sistemi, e come i grandi sistemi intervengano nelle vite degli individui è compito nostro raccontarlo. Credo che questo film parli proprio di questo, di come gli affetti, le vite delle singole persone siano affette e inevitabilmente condizionate da quello che succede nel loro microcosmo.

Carolina Crescentini:

La possibilità di lavorare nuovamente con Giuliano (n.d.r. fu diretta da lui anche ne “I Demoni di San Pietroburgo – 2007) è stata una gioia immensa perché il suo set è speciale: c’è una concentrazione, una ironia e una semplicità che non si trovano facilmente. Laura  è una donna in crisi, confusa, che compie anche delle azioni sbagliate a causa di questa sua confusione, e in qualche modo ha messo in crisi anche me. Inizialmente non condividevo alcune sue azioni, ma ho dovuto smettere di giudicarla: la stessa “relazione” con Gabriel è il risultato della sua confusione e il bisogno di “essere vista” da qualcuno e di sentirsi speciale. Quando ho gettato l’ascia del giudizio, sono entrata profondamente in contatto con lei ed è stato bello! Chiaramente è un personaggio che mi ha lasciato un po’ di “bruciature”.

Francesco Scianna:

Serietà e leggerezza convivono in Giuliano ed essere diretti da un grande maestro come lui è fondamentale perché riesci ad entrare in profondità nel lavoro, nella conoscenza del personaggio e nel gioco di abbandonarsi all’istinto  con la sicurezza di avere dietro la macchina da presa una figura che conosce bene i meccanismi dell’interpretazione e del racconto. E’ stato molto stimolante lavorare su un personaggio “doppio” come Ferrero, perché era la prima volta che interpretavo un personaggio “negativo” di cui non condividevo le azioni, ma che non ho giudicato e a cui mi sono semplicemente abbandonato durante le riprese.

 

Cosa vi augurate con questo nuovo film?

Giuliano Montaldo:

Soprattutto che faccia riflettere gli spettatori. Vorrei che alla fine della proiezione fuori dalla sala si creassero dei capannelli di persone pronte  a discutere sulla vicenda che abbiamo voluto raccontare. Se succede questo il film ha vinto, vuol dire che se ne parla, che è un film che rimane. Spesso accade e allora viva il cinema.

Andrea Purgatori:

Mi piacerebbe che Monti e Passera andassero a vederlo. Non basta pensare alla crisi o fare manovre, ma occorre avere uno sguardo che vada al di là di Palazzo Chigi e riconoscere che il cinema costituisce  uno  straordinario e prezioso veicolo di narrazione e comunicazione. Infine vorrei ricordare loro che il cinema non è un solo un privilegio ma per molti è anche lavoro.

Claudia Fratarcangeli
Claudia Fratarcangeli
Claudia Fratarcangeli, laureata in Storia e critica del cinema, ha studiato come attrice frequentando varie accademie private, recitato in diversi cortometraggi, film indipendenti, spettacoli teatrali.

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