domenica, Ottobre 13, 2024

This must be the place di Paolo Sorrentino: la recensione

This must be the place, il nuovo film di Paolo Sorrentino in questi giorni nelle sale italiane, la recensione

Cipria, rossetto, e una folta chioma scura, sembra Robert Smith dei Cure, ma è Sean Penn che appare, in tutto il suo diafano splendore, nelle prime inquadrature dell’attesissimo This must be the place, primo film di Paolo Sorrentino in terra americana. Allontanandosi da temi e luoghi noti, Sorrentino spiazza e affascina, conducendo gli spettatori in una sorta di imprevedibile road movie, che comincia con l’entrata in scena di un ex cantante dall’improbabile look gotico, passa per la ricerca di un vecchio nazista e si conclude con l’approdo ad un’inaspettata maturità. Sean Penn è Cheyenne, rock star al tramonto che vive di rendita in una splendida villa di Dublino, non ha mai abbandonato il guardaroba dei tempi d’oro e si trascina fra il supermercato e la piscina vuota in compagnia di una giovane ammiratrice (niente figli perchè c’è sempre il rischio di sfornare una stilista eccentrica). “Credo di essere un pò depresso”, sussurra alla moglie (una vitalissima Frances Mc Dormand, pompiere di professione e unico puntello della sgangherata esistenza di Cheyenne) in una serata di particolare loquacità, appena prima di ripiombare nell’apatia di giornate sempre uguali. La svolta s’impone quando la morte di un padre (ebreo e deportato), con cui non parla da decenni, spinge Cheyenne a tornare a New York e ad imbarcarsi nella caccia ad un criminale nazista di cui da decenni si sono ormai perse le tracce. La difficile iniziazione di Cheyenne, cinquantenne con lo sguardo da bambino, è un pellegrinaggio errante e sconclusionato, costellato di incontri e di cambi di rotta, fra le lande di un’America ancora rurale, che non potrà non ricordare quella attraversata da Alvin Straight nel lynchano Una storia vera. E` lo sguardo incantato e sognante di Sorrentino che ci restituisce, con ampie e sinuose pennellate, accompagnate dalle musiche di David Byrne dei Talking Heads (che compare nel ruolo di se stesso), le immagini di un’America più immaginata che vissuta, nell’attraversamento a volo d’angelo di praterie, campi di girasole e distese ghiacciate. Certamente meno compiuto di altri film del regista napoletano, nel suo vagabondare da un tema e da un tono all’altro, This must be the place attrae lo spettatore nell’orbita emotiva di Cheyenne, inseguendo le giravolte del suo stralunato cowboy, fino al paradossale incontro (chi mai avrebbe immaginato di vedere una rock star e un gerarca avvizzito nella stessa inquadratura?) con una preda ormai inerme e ad una presa di coscienza che si traduce in un ormai insperato ritorno alla vita.

Sofia Bonicalzi
Sofia Bonicalzi
Sofia Bonicalzi è nata a Milano nel 1987. Laureatasi in filosofia nel 2009 è da sempre grande appassionata di cinema e di letteratura. Dal 2010, in seguito alla partecipazione a workshop e seminari, collabora con alcune testate on line.

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