venerdì, Marzo 29, 2024

L’intervista a “I Quartieri” – alla scoperta del wake pop

A proposito di suoni, si parla di dream pop per descrivere la vostra musica. Siete d’accordo con questa definizione?

P: io sinceramente no. Mi piace molto il dream pop, però quando penso a quel genere penso ai Cocteau Twins, alla 4AD degli anni Ottanta, anche a qualcosa di Bjork. È interessante che qualcuno abbia pensato al dream pop anche senza il cantato femminile riverberato, il disco ha un po’ di riverbero e di sospensione spaziale che fa pensare a qualcosa di onirico in effetti, però al di là di quello non sento di appartenere a quel genere.

MP: io lo chiamerei “wake pop”, il pop dell’essersi appena svegliati

F: in effetti più di una persona mi ha detto che ascolta il nostro disco la mattina dopo la sveglia e che è un sottofondo perfetto

Mi sembra di sentire riferimenti anche a un certo cantautorato romano di una quindicina d’anni fa, quello di Riccardo Sinigallia e dei Tiromancino, ma anche degli Elettrojoyce. Sono cose che avete ascoltato e che vi hanno influenzato?

F: io personalmente i Tiromancino li ho ascoltati e stimo molto Riccardo Sinigallia, gli Elettrojoyce meno…

P: io apprezzo molto più Filippo Gatti da solo che non con il gruppo

F: comunque sì, quello che hanno fatto i Tiromancino con un paio di dischi è veramente notevole, loro assieme ad altri hanno rappresentato una fase molto bella, molto positiva, c’era un corridoio aperto per le band che venivano dal sottosuolo e che riuscivano ad entrare nella grande distribuzione; è successo per loro, è successo per i Delta V, è successo per i 99 Posse, la discografia ufficiale si è accorta di loro. Ed è stato strameritato, perché quando suonavano i Tiromancino ed erano in dieci sul palco era davvero uno spettacolo.

P: una cosa che mi ha colpito di quel periodo è che la televisione era ancora attenta a queste cose, anche Sanremo per esempio, ci andavano loro, la Consoli, Gazzé

F: è stata una generazione fortunata, c’è stata una congiuntura favorevole nei piani alti della Virgin, che spingeva un sacco cose del genere senza per questo rinunciare al guadagno, i Tiromancino sono stati anche una realtà da classifica. È stato un bel momento, che è finito dopo cinque o sei anni purtroppo.

E ora come vedete la situazione? Per esempio gli Zen Circus sono entrati in top ten, così come i Ministri, e anche altre realtà fanno la loro figura, come Dente o Brunori ad esempio. E voi dove volete arrivare?

F: dove ce lo permettono, come facciamo a dirlo?

P: su questi ingressi in classifica incide il fatto che ci sia una nuova fascia di gente che compra i dischi e gente che invece non ne compra più, comprano molto di più i ragazzi che seguono la scena underground rispetto a chi comprava i dischi prima, che ora si accontenta di scaricarseli o di ascoltarli in streaming. Gli Zen Circus o Dente non sono proprio “la nuova guardia”, sono musicisti che suonano da più di dieci anni, ma il fatto che arrivino in classifica è comunque positivo. 

MP: forse la speranza per il mercato discografico è legata a un’evoluzione concettuale. Io è da tantissimo tempo che non compro dischi nei negozi, li compro solo ai concerti dei gruppi indie che vado a vedere. Da casa,  con Youtube o Spotify posso ascoltarmi quello che voglio, farmi una cultura musicale enorme, però poi mi manca qualcosa, mi manca un oggetto. Questa perdita di contatto con la fisicità secondo me arriverà a un punto di saturazione, ci sarà bisogno di un oggetto, di qualcosa da tenere in mano o da far vedere, come una manifestazione di appartenenza a una sottocultura.

Com’è il vostro live? Le canzoni sembrano prestarsi bene a divagazioni psichedeliche e più rumorose rispetto a come sono su disco. È così o cercate di restare fedeli all’originale?

MS: in realtà è un misto di entrambe le cose, cerchiamo di restare abbastanza precisi su certe cose. Se è una parte importante del pezzo, il tema, non lo cambiamo, se la ritmica è importante non la cambiamo, teniamo molto anche all’armonia generale. Comunque dal vivo ci permettiamo di fare anche cose che sul disco non ci sono, magari alcuni pezzi sono più tirati, più veloci, perché effettivamente funzionano meglio così e magari non ce n’eravamo accorti quando eravamo lì a registrare il disco, per esempio Gomma, che ho sentito ieri ed è lentissima.

P: i pezzi dell’EP, che sono acustici, ora dal vivo risentono dell’esperienza e del suono del disco nuovo, quindi c’è qualche elemento più elettronico, più etereo.

F: anche perché l’EP era stato registrato con un basso profilo, tecnicamente parlando. Eravamo in due, mentre poi con la band abbiamo affinato il suono, con un modo di suonare la chitarra e la batteria.

MS: infatti uno dei pezzi migliori per me è Argonauti, che avevamo iniziato a registrare in duo, poi ci siamo messi a suonarla tutti assieme anche con Marco e Paolo ed è rinata in una versione totalmente nuova nel giro di due minuti. In questi casi ti rendi conto che l’importante è che ciò che fai venga bene in ensamble, è questo il modo in cui capisci come deve essere un pezzo. Deve venire tutto in modo naturale, organico.

MP: per me è stato strano, perché sono abituato a provare molto prima dell’incisione, mentre con loro non abbiamo provato tantissimo prima di cominciare le registrazioni, ci siamo trovati in studio proprio come se fossimo in sala prove. Questa è una delle caratteristiche positive dell’album, l’approccio istintivo che ci ha anche riservato delle sorprese nel corso della lavorazione.

MS: a proposito delle differenze tra disco e live, ci tengo a dire che da poco abbiamo registrato in video quattro pezzi live, registrati bene, con suoni fatti nel modo giusto che rimarranno come fotografia di come siamo adesso, di quello che facciamo live a distanza di qualche mese dal disco. Sono anche un’anticipazione del mood legato ai pezzi nuovi che stiamo scrivendo in questo periodo e che, con molta calma come al solito, finiranno nel prossimo album.

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Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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