martedì, Marzo 19, 2024

The Miracle Foundation raccontato da Jules Not Jude: l’intervista

Nel nostro ultimo incontro qui su indie-eye ci eravamo lasciati con la promessa/scommessa da parte di Daniel (allora new entry nei JnJ) di rendere il vostro suono più bastardello. Prendendo spunto da quella frase, che opinione avete oggi in merito?

D. Quando abbiamo fatto Tuesday, l’EP, era il periodo di picco della fase bastardella dei JnJ. Secondo me, i Jules dovevano scrollarsi di dosso l’etichetta di band pop britannica e di conseguenza c’è stato un attimo di sfogo. Siamo riusciti a concentrare questo sfogo e contenerlo, quindi non siamo diventati un gruppo rock, ma abbiamo messo questa energia nel nostro suono. Siamo riusciti a far suonare la chitarra come se non fosse una chitarra, utilizzare in abbondanza i synth e modificare il nostro percorso. In realtà non siamo cresciuti in bastardaggine, ma in cocciutaggine.

S. Sono d’accordo con Daniel. Il momento in cui c’era bisogno di cambiare direzione era con Tuesday. Tuesday è stato una sorta di tempesta, qualcosa di molto movimentato, mentre The Miracle Foundation, pur partendo dalle stesse intenzioni, è qualcosa di più ragionato e controllato con consapevolezza.

Rispetto a Tuesday, The Miracle Foundation ha un nuovo componente alla chitarra. Quanto il gusto e l’influenza di Andrea Buffoli ha contribuito al nuovo disco?

S. Andrea ha cambiato tutto. Con l’arrivo di Daniel abbiamo sterzato, Andrea ha permesso che riprendessimo in mano il volante e andassimo su un’altra strada, cambiando continuamente. Il suo arrivo non ha inciso nella stesura dei pezzi, ma ha cambiato dal punto di vista dei suoni. L’aspetto compositivo non viene stravolto, The Miracle Foundation è e resta un disco dei JnJ.

La mia percezione è che il disco sia diviso in due parti. Fino a Waiting for a lover – when your lover is another c’è la parte indie rock, se vogliamo chiamarla così. Con Hazel e Loon inizia la sezione più sperimentate, un po’ Local Native un po’ psichedelici.

D. L’album in effetti è quasi diviso a metà. Una prima più allegra e scanzonata, la seconda più intima. Se avessimo fatto un disco come la seconda parte, avremmo cambiato troppo.

S. Ovviamente non si tratta di una cosa intenzionale. Devi considerare che i pezzi erano di più. Sono stati poi ridotti per rendere l’album completo; siamo andati man mano scremando. Quando ascolti The Miracle Foundation dalla prima canzone all’ultima, non c’è un momento in cui manca qualcosa, il tutto è compatto. Per farti un esempio ti parlo di Hazel. Quando l’abbiamo provata in sala prove aveva un approccio differente. É una traccia che è nata in studio. In questo Pierluigi Ballarin è stato fondamentale per tradurre in musica quello che noi avevamo in mente.

Parliamo della collaborazione che salta all’occhio leggendo la tracklist quella con Enzo Moretto. Vi voglio provocare. Avete deciso di collaborare con Enzo, quindi con uno dei nomi con cui si identificano gli A Toys Orchestra. Gli A Toys sono sicuramente la punta di diamante per il rooster di Naselli Flores, quindi per la Urtovox. La domanda è: quanto questa collaborazione era necessaria, e quanto è stata una mossa fatta al momento opportuno per entrare in familiarità col giro Urtovox?

S. In realtà, sarebbe stata una mossa di marketing se il processo fosse stato inverso, ovvero se la proposta fosse arrivata dopo l’ascolto da parte di Urtovox del nostro disco, Quando abbiamo pensato al feat con Enzo, non avevamo ancora idea di quale potesse essere l’etichetta con cui saremmo usciti. Noi siamo partiti dall’idea di voler fare un feat, e farlo con qualcuno che fosse rappresentativo di un genere che in Italia sta sgomitando. In quel periodo Enzo era in tour con Appino, ha ascoltato il pezzo, gli è piaciuto molto, e ha accettato molto volentieri.

D. Secondo me la cosa è nata naturalmente. Il nostro management Marco Obertini ci ha suggerito la possibilità di fare una collaborazione. Guardandoci in giro, è saltato fuori il nome di Enzo. Il collegamento è stato naturale.

Sempre parlando dell’intervista di due anni fa, avevamo toccato il tema della produzioni Dada, al tempo la vostra etichetta. Molto è cambiato anche sotto questo aspetto. Ora vi siete avvalsi di un entourage più nutrito e con esperienza. Che bilancio ne fate relativamente ai JnJ?

S. È stato importantissimo ed è una decisione che abbiamo preso nel momento in cui ci siamo resi conto che dovevamo fare qualcosa di diverso. Noi siamo nati nel 2008, primo disco 2009, dopo quattro, cinque anni, c’è un momento di stallo. La sola cosa che sai è che vuoi andare avanti. Per crescere dovevamo cambiare qualcosa e avevamo bisogno di qualcuno che ci aiutasse a farlo. Affidarci a Volume Up, ci ha dato la possibilità di tornare ad occuparci solo di musica.

D. Ora possiamo pensare più a suonare e meno al lato pratico, pubblicitario e di promozione.

Per Miracle Foundation avete in progetto anche un video. Avete già all’attivo dei video (J, Tuesday, Mr. Fox), per alcuni di essi avete optato per la forma registrazione in studio. Mi sembra che per ora solo J racconti una storia, per Perfect Pop Song cosa sceglierete?

D. Si tratta di una storia con noi presenti. Protagonisti saranno degli attori con cui noi interagiamo. Ci siamo affidati completamente a Secret Wood. Solitamente eravamo noi a dare una sorta di canovaccio mentre ora dalla storia al girato, ci siamo completamente affidati a loro.

S. Non facevamo un video con noi presenti, un video storia, da molto tempo. Al tempo di J la priorità era quella di non apparire in video, non volevamo apparire. Per Perfect Pop Song, volevamo evitare il classico video con playback della band.

La canzone scelta per il video è Perfect Pop Song, è un titolo che suona anche come un augurio. A vostro avviso, come deve essere una perfetta canzone pop? Per voi quali sono delle perfette canzoni pop?

D – S. Non esiste.

S. Il testo di Perfect Pop Song è una mia arrabbiatura nei confronti dei giudizi che possono arrivare verso i JnJ.Se tu leggi le frasi delle recensioni sono piene di frasi zuccherose su di noi, c’è questa visione super indie pop, da musica da cameretta. È dura scrollarsi di dosso questa etichetta Perfect Pop Song è un po’ la risposta a questo immaginario su di noi.

D. Curiosità su Perfect Pop Song, è stata molto apprezzata da Jon Astley , colui che ha curato il master del disco.

Quali sono i gruppi contemporanei che seguite? Sia a livello estero che italiano.

S. In Italia sto ascoltando poco. Mi è piaciuto molto l’ultimo dei Green Like July. All’estero le due band che secondo me hanno influito anche nell’album sono stati i Grizzly Bear e i Local Native.

D. Come ultime uscite i Tame Impala e ho riscoperto i Tortoise. Come italiani gli Iori’s Eyes.

Azzardi futuri: Sparate alto per i JnJ.

S. Un tour negli States.

D. Dormire comodo ogni dopo concerto.

Giulia Bertuzzi
Giulia Bertuzzi
Giulia vede la luce (al neon) tra le corsie dell'ospedale di Brescia. Studia in città nebbiose, cambia case, letti e comuni. Si laurea, diventa giornalista pubblicista. Da sempre macina chilometri per i concerti e guadagna spesso la prima fila.

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