Prima di cimentarsi in un’avventura cinematografica dal crescente successo, Mike Mills era ed è tutt’ora un grafico, un illustratore, un regista di video musicali ed infine di commercial. La sua biografia artistica è sterminata, se includiamo gli artwork realizzati per album di fama internazionale. Un interesse, quello per l’immagine a 360 gradi, che procede in parallelo tra filmmaking e arti grafiche, basta considerare la cronologia delle sue opere e la realizzazione dei suoi primi cortometraggi, coeva a quella dei primi videoclip.
“Sexy Boy” è uno dei tre video che Mills dirige per gli Air durante la promozione di Moon Safari, il primo album del duo di Versailles pubblicato nel 1998. Mentre “All I Need” cambia radicalmente le regole del video musicale, introducendo l’intensità del punto di vista che Mills sperimenterà a partire dai suoi documentari brevi, tra tutti Skating with Dave and Jared, “Sexy Boy” è il più grafico del lotto e quello che dialoga direttamente con l’artwork dell’album, anch’esso realizzato dal regista americano.
In forma cut out e con molti riferimenti all’applicazione della Flash Animation, Mills lavora sui colori fondamentali e traspone le sue sperimentazioni grafiche nel gioco essenziale di forme e scelte cromatiche.
Prima ancora che la grafica esca dai confini della cornice per entrare nella realtà osservata, pensiamo all’artwork di “Washing Machine” per i Sonic Youth, Mills rielabora la sua nel video realizzato per gli Air. La scomposizione dei colori fondamentali è quella delle T-Shirt per Supreme e successivamente per Summersault, oppure di un artwork come “Experimental Remixes”, ideato per John Spencer Blues Explosion!
Nel passaggio da animazione a live action, Mills elabora una riflessione sull’immagine virtuale che può sembrare tenera per la tecnologia che veicola il risultato, ma che è diventata sinaptica nella relazione che abbiamo tutti i giorni con il dispositivo. Il video di “Kelly Watch The Stars“, apparentemente agli antipodi, apre in realtà orizzonti simili, in quella mutazione dell’immagine televisiva proiettata verso la connettività.
Mills indagherà a lungo questi aspetti, spesso in forma giocosa, fino ad approdare all’intensa semplicità del ritratto (The National, Blonde Redhead). L’eredità di quei video realizzati tra la seconda metà degli anni novanta e i primi anni del nuovo millennio, si farà sentire ancora nella rimediazione dei video musicali diffusi nella rete partecipativa.
Di quell’estetica, molti videomaker contemporanei, sembrano aver percepito solo la superficie, un pericoloso precipitare verso l’anestesia vintage e supercool, come se dall’ingresso oltre i limiti dello schermo che caratterizza il movimento dei personaggi di Afrodiziak, non ci fosse stata alcuna possibilità di tornare indietro. Dentro gli schermi, anche in tempo di guerra.