giovedì, Aprile 25, 2024

Daughn Gibson, il Terminator honky-tonk: la foto-intervista

Penso che in generale ti piaccia lavorare sul ritmo delle tue canzoni. È perché in precedenza suonavi come batterista?

Penso di sì. Credo che il maggior componente della melodia sia il ritmo. Una melodia è nulla senza il suo posto nel tempo. Per questo lavoro sulle parti di batteria, mi immagino la melodia già posizionata nel tempo, metto le note sui ritmi che mi vengono in mente. Probabilmente viene dal mio passato da batterista, l’unico strumento che so suonare bene è la batteria, quindi mi viene naturale partire da ciò che so fare.

E cos’altro ti rimane di quel passato nello stoner/hard rock?

Mi piace suonare live e rumorosamente. Mi piace avere la chitarra elettrica, la batteria, è una cosa che non mi abbandonerà mai, voglio un’esperienza così con la musica in generale. Avendo suonato per molti anni in band punk e hardcore penso di avere sviluppato un certo interesse per il degrado e la miseria interiore, per l’oscurità, che sono tipici di quel genere di rock, non di tutti ma di quello certamente sì. Penso di avere mantenuto questo interesse e cerco di incorporarlo anche in ciò che faccio ora.

Che tipo di hardcore facevi?

Cose molto veloci, dalle parti del grindcore. C’era questa etichetta, la Profane Existence, molto politica, facevamo cose crust, tipo i Los Crudos. L’obiettivo era suonare più veloce possibile, fino ad arrivare al blastbeat.

Poi hai voluto cambiare?

Sì, a un certo punto abbiamo scoperto i Goatsnake, gli Earth e gli Sleep e tutto divenne super-lento, cercavamo di rallentare il più possibile. Guardavamo i Sunn O))) ed eravamo meravigliati da come potessero andare in sincrono anche così lenti, con un riff che durava un minuto. Questa cosa mi fece cambiare molto musicalmente.

Ora c’è la domanda più grande sul tuo passato: perché non cantavi anche prima?

Non lo so, facevo i backing vocals sui dischi, ho sempre amato fare le armonie, ma una gran parte del cantare sta nel trovare la tua voce e essere a tuo agio con ciò che vuoi sentire quando ti riascolti, solo quando ti piace riascoltare ciò che hai fatto puoi cantare per tutti. Negli scorsi cinque anni ho scritto della musica, da solo nella mia camera, quello che poi è diventato All Hell. L’ho fatto ascoltare a un amico, poi a una seconda persona, che è quella che l’ha poi fatto uscire come disco, mentre la terza persona che l’ha ascoltato era della Sub Pop. Quindi è stata una cosa abbastanza stupida, perché non ho lavorato chissà quanto per far sì che accadesse ciò che poi è accaduto e sta accadendo. Quindi ho fatto così, ho trovato la mia voce, mi sono trovato a mio agio e ora mi diverto.

E hai mai pensato di cantare qualcosa più orientato al soul?

Nel disco ho cantato così perché tutte le canzoni erano pensate per poi essere proposte live, quindi avrei anche potuto fare pezzi in falsetto ma non avrebbe funzionato! La voce era quella giusta per essere proposta dal vivo assieme a chitarra e batteria ad alto volume. I pezzi su cui sto lavorando ora sono un po’ più r’n’b, perché dopo aver fatto questa cosa rumorosa ora voglio trovare un altro flusso, quindi vedremo.

Quindi stai lavorando su un nuovo album?

Sì, lavoro continuamente a nuove canzoni. Faccio schizzi e li elaboro. Non voglio fare un sequel, mi piace trattare la musica come se fosse un film differente ogni volta, con un concetto diverso. Me Moan era come un Terminator honky-tonk, mentre il prossimo voglio che sia un semplice country boy in un’arena futuristica, con il protagonista che non sa cosa gli accadrà ed è perso e confuso.

Daughn Gibson: La foto Gallery completa di Francesca Pontiggia

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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