sabato, Aprile 20, 2024

Fernweh, il video di Irene e Chiara Trancossi: I migliori del 2021 #2

Fernweh di Irene e Chiara Trancossi è il secondo video del Best of 2021 di Indie-eye Videoclip. Dieci visioni eccentriche indietro nel 2021. Fotografa e Scenografa/art director, Irene e Chiara continuano il loro sodalizio con la musicista e cantautrice fidentina Glomarì, realizzando una delle visioni più belle intorno all'area della videomusica italiana

Fernweh, lo spazio della memoria per Irene e Chiara Trancossi

Fiaba per adulti. Così Irene e Chiara Trancossi definiscono il loro ultimo lavoro condiviso. Il video di Fernweh, già presentato in concorso all’ultima edizione di Asolo Art Film Festival nella sezione videoclip e come Tramontofili, parte di un sodalizio artistico duraturo con la cantautrice e musicista fidentina Glomarì, è una delle visioni più interessanti del 2021 intorno all’area della videomusica italiana.
Intorno perché si tratta di un lavoro in totale controtendenza rispetto al lessico dei videoclip correnti, ancorati ad un’idea di ritmo e di groove molto precisa e totalizzante.

Le sorelle Trancossi insieme a Glomarì

In Fernweh la contemplazione gioca invece un ruolo fondamentale e il ritmo emerge da un’altra dimensione: un orologio in fiamme, una staccionata che sembra quella filmata da Lynch all’inizio di Blue Velvet, un tappeto volante che sorvola una casa tra realtà e illusione. Tempo e spazio subiscono una torsione e sembrano suggerire un ritorno all’infanzia, quando era possibile percepire il mondo in forma più espansa, rispetto ai limiti sociali e identitari che l’occhio degli adulti impone.

Fernweh, un video di Irene e Chiara Trancossi con musiche di Glomarì

Irene e Chiara Trancossi sono rispettivamente fotografa e Scenografa/art director. Il loro connubio creativo e professionale, quando realizzano audiovisivi legati alla musica, indica una tendenza che è diventata fondamentale nello sviluppo del videoclip contemporaneo, quasi più della regia tradizionalmente intesa. Nel loro caso, questa è la conseguenza e la somma di una serie di elementi.

Fernweh ha una genesi opposta rispetto ai videoclip tradizionali, nasce come video dove successivamente la cantautrice Glomarì ci ha cucito sopra una canzone; un interessante scambio di priorità che non è assolutamente comune, soprattutto nel panorama italiano della videomusica, dove i prodotti raramente vengono considerati come frutto di una collaborazione collettiva.

Girato anche come reazione all’isolamento forzato per l’emergenza SARS-CoV-2, fa in un certo senso parte di quell’immagine pandemica che non parla esplicitamente del tema, ma che risente, tangibilmente, delle limitazioni imposte, reagendo in modo creativo fuori dai set tradizionali; un esempio cinematografico in tal senso è il film di Celine Sciamma, Petite Maman. In modo del tutto casuale questi due mondi sembrano davvero molto vicini.

Glomarì – Fernweh – il video di Irene e Chiara Trancossi

Fernweh – L’intervista a Irene e Chiara Trancossi sul making del video

Irene Trancossi, sito ufficiale
Chiara Trancossi, sito ufficiale

Bentornate su indie-eye Chiara e Irene. Nella conversazione dedicata al video di Tramontofili ci siamo soffermati sul vostro sodalizio artistico con la cantautrice Glomarì. Per il video di Fernweh mi piacerebbe indagare più da vicino il processo creativo che entrambe affrontate quando realizzate un video. La regia come viene concepita attraverso la specificità dei vostri ruoli?

E’ un piacere per noi tornare su Indie-eye.
La regia solitamente viene concepita in maniera comune, si parte da un’idea che, a seconda dei casi, proviene da una o dall’altra ed insieme la arricchiamo progressivamente con spunti e riferimenti. Nella fase di ideazione non esistono compartimenti stagni, la storia si materializza quasi subito tramite immagini e viene pensata anche come uno spazio scenografico. Siccome nasciamo come fotografa e scenografa , la regia è fortemente influenzata da questi due ruoli attraverso una grande attenzione alla luce e alla composizione spaziale.

Prima di approfondire aspetti espressivi e poetici, mi piacerebbe capire come prendono forma gli aspetti materiali del video. Fernweh mi sembra un lavoro di oggetti, dove Tramontofili invece giocava maggiormente con la luce e le ombre.

La scelta di produrre un video in cui i protagonisti sono oggetti è avvenuta in seguito alla condizione di reclusione in cui tutti ci trovavamo. Il tentativo è stato di evocare tramite tali elementi simbolici una presenza umana, che nonostante non compaia mai, è fortemente percepita. In questo modo è come se gli oggetti si trasformassero in personaggi e acquisissero una loro identità.

Fernweh, immagine.

La casa è un modellino in scala, ma lo si scopre alla fine della clip. Fernweh in questo senso mi sembra che esplori il confine tra percezione e illusione, è così e secondo voi in che modo?

Abbiamo concepito Fernweh come una sorta di gioco illusionistico: ciò che è piccolo in realtà sembra molto grande e ciò che a prima vista appare come veritiero, non corrisponde spesso alla realtà. Ci siamo divertite ad ingannare lo spettatore utilizzando il potere della prospettiva e le alterazioni dei rapporti di scala fra gli oggetti. Per noi è stato l’inizio di un percorso che ci ha reso consapevoli delle potenzialità illusionistiche del mezzo fotografico e scenografico, che combinati insieme possono dare curiosi risultati.

La parola tedesca Fernweh approssimativamente indica un senso di nostalgia per qualcosa che non è tangibile, come l’altrove. Nel video si cerca sempre di andare oltre i confini visivi e alcune immagini sono molto forti nel delimitare lo sguardo:

Il tentativo di andare oltre ai confini visivi è collegato a quello di evadere dalle mura domestiche in cui eravamo costrette durante la prima quarantena Covid19. Il tempo subisce una sorta di dilatazione e lo spazio si distorce generando universi allusivi. Attraverso un viaggio di immagini evocative ed oniriche trapela il desiderio di connettersi ad un altrove più profondo e recondito, che solo attraverso l’arte raggiunge la sua pienezza.

In termini tecnici i vostri video e quindi anche questo, sembrano sfruttare maggiormente i trucchi ottici e quindi non ricorrono alla correzione digitale del set. È così?
Hai detto bene, trucchi ottici, e come ogni trucco che si rispetti non può essere svelato!

Quanto secondo voi l’art direction, come insieme di più elementi, dalla scelta della location alla definizione della luce fino agli oggetti utilizzati, sostituisce in certi casi la regia tradizionalmente intesa? Nel vostro caso qual è, se c’è, il confine tra art direction e regia?

Nel nostro caso non vi è confine fra Art Direction e Regia: ci occupiamo di entrambe le cose. In seguito al nostro background, è naturale che questi due aspetti coincidano e non riusciremmo a delegare uno o l’altro ruolo ad una figura terza nei nostri progetti personali.

I presupposti di Fernweh, definito da voi stesse come una fuga dalla quarantena per il Covid 19, sono in qualche modo ancora drammaticamente attuali. In questa fuga, in termini realizzativi, avete percepito differenze o la vostra prassi non è affatto cambiata?

Abbiamo prodotto Fernweh in un contesto totalmente a sé stante, riducendo il numero delle persone sul set al minimo ed aguzzando al massimo l’ingegno per sopperire alla mancanza di attrezzatura e materiale tecnico. E’ stata una sfida riuscire a produrre un video parecchio impegnativo con il minimo dei mezzi, in tutti i sensi. La maggior parte delle riprese sono state girate nel nostro giardino di casa nel mese successivo al primo lockdown, ovvero non appena è stato possibile uscire di casa.
Questa mancanza di mezzi ha stimolato ancora più in noi la voglia di produrre arte in un momento così ostile a livello globale.

In che modo il vostro lavoro, incluso quindi il contributo di Glomarì, assume una forma interdisciplinare? Vorrei saperlo in termini pratici più che espressivi

Il nostro lavoro spazia attraverso l’uso combinato delle arti, concentrandosi sull’indagare il rapporto fra musica e immagini. Questo è dovuto soprattutto al nostro background professionale: nasciamo come fotografa di scena e come scenografa di opera lirica. ll teatro e la vicinanza con la musica ci hanno predisposto a concepire l’arte in maniera poliedrica e multidisciplinare, con una fusione osmotica di più linguaggi espressivi. La nostra ricerca, come d’altronde quella di Glomarì, ha come obbiettivo un risultato sinestetico.

Fernweh,immagine

Uno degli elementi che mi sembra emerga dal video è l’atmosfera di una fiaba. È così?

Il riferimento al mondo fiabesco è scaturito dalla condizione in cui è nato il progetto: ritornando nella casa Fidenza, dove siamo cresciute, e rimane costrette per così tanto tempo, ha risvegliato la memoria di odori e stati d’animo propri del passato.
Prendendo distanza dal mondo, in particolare dal “frullatore milanese ” abbiamo iniziato a stupirci per le cose più semplici e quotidiane, che hanno così acquisito una nuova identità. In fin dei conti l’artista metaforicamente può essere comparato ad un bambino poiché l’arte ha in sé un aspetto ludico fondamentale che deve essere sempre mantenuto alimentato e custodito. Per questo sosteniamo che Fernweh sia una sorta di fiaba per adulti.

Tra fotografia e scenografia, che ruolo ha la scrittura nella fase di pre-produzione e soprattutto quanto scrivete e quanto improvvisate sul set?

Entrambe facciamo sempre molta ricerca: mostre, cinema, teatro, concerti, libri e musica.
Così facendo, è come se preparassimo terreno fertile all’arrivo di un’idea che si materializza spesso improvvisamente e inaspettatamente dalle situazioni più improbabili. Successivamente vi è la fase di sviluppo ed esecutiva che viene da noi pianificata in ogni singolo dettaglio. Nonostante non crediamo nell’improvvisazione, questa attenta e minuziosa progettazione ci permette di lasciare aperte le porte sul set all’inaspettato: ad esempio, cogliere una luce o una particolare espressione o situazione che si verifica nella sua unicità in quell’attimo.

La post produzione che ruolo ha per voi? Chi si è occupato del montaggio per Fernweh e in che modo?

Il montaggio viene da noi deciso prima delle riprese, contemporaneamente alla scrittura. Il ritmo del video Fernweh è volutamente contemplativo: lo spettatore è sospinto ad immergersi nelle immagini che si susseguono come una sorta di onda.


Chiara, qual è stato il tuo ultimo lavoro come scenografa? Puoi dirci qualcosa a riguardo?

Il mio ultimo lavoro come scenografa è stato il videoclip natalizio di Elettra Lamborghini. Si è dimostrato parecchio impegnativo ma anche molto soddisfacente, ho seguito la progettazione e l’intera realizzazione. Lavori commerciali di questo tipo per me rappresentano una sfida: cerco sempre di mantenere la mia firma stilistica e compositiva nonostante siano incarichi commissionati da terzi molto diversi dalla mia produzione personale.

Irene il tuo ultimo lavoro come fotografa invece si chiama “Britomarti”, come un personaggio della mitologia greca. Un concetto forte di sorellanza che mette al centro le donne della tua famiglia come parte di un processo di conoscenza identitaria….

Dopo essermi imbattuta nella lettura dei Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese sono rimasta colpita dal personaggio di Britomarti, ninfa di cui Minosse si innamora perdutamente ed inizia ad inseguire. La ninfa per sfuggirgli si tramuta in vari elementi e per essere finalmente libera si trasforma in schiuma d’onda.
Britomarti è ad oggi il mio progetto più maturo e nel quale più mi identifico da un punto di vista valoriale. E’ il risultato di una ricerca identitaria in quanto donna e un viaggio verso una dimensione spirituale e naturale. Il progetto è un tentativo di riconciliazione con l’archetipo di donna selvaggia, e nasce da un periodo trascorso nella natura con Chiara e le mie cugine.

Irene Trancossi – Britomarti agosto 2021 Cadaques, Spagna

Progetti futuri condivisi?

Abbiamo parecchi progetti in cantiere, sia singoli che condivisi. Sicuramente il più impegnativo ed ambizioso sarà il nostro primo cortometraggio, di cui abbiamo ultimato la sceneggiatura e siamo alla ricerca di sponsor e produttore. Non vediamo l’ora di svelarvi qualcosa in più!

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker, un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana e un Critico Cinematografico iscritto a SNCCI. Si occupa da anni di formazione e content management. È un esperto di storia del videoclip e del mondo Podcast, che ha affrontato in varie forme e format. Scrive anche di musica e colonne sonore. Ha pubblicato volumi su cinema e new media.

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