venerdì, Aprile 19, 2024

James Chance & The Contortions: dai Contorsions ai Les Contorsions, il live allo Zo di Catania

No NY, il titolo della rassegna non lasciava spazio a fraintendimenti. Nell’arco di due settimane si sono, infatti, alternati, sul palco del centro culturale Zo di Catania, altrettanti monumenti che all’eponima raccolta/manifesto del 1978 (prodotta da Brian Eno che l’universo subculturale della Grande Mela) hanno consegnato uno dei lasciti fondamentali per la musica tutta di lì a venire. Alla bella prova di Lydia Lunch, con il suo nuovo progetto/supergruppo Retrovirus, condiviso da Bob Bert, Weasel Walter ed Algis Kizys, del 20 Novembre, ha risposto Mr.Siegfried con dei Contortions nuovi, francesi (Les Contortions), impeccabili, che in un paio d’ore dello scorso 29 Novembre ha rimesso dito in ferite acustiche che mai avevano avuto la possibilità di chiudersi.

In un ritardo colpevole di oltre due ore, in  tenuta da “cane da rapina” d’ordinanza, impomatato, col fare scanzonato ma distratto, distaccato ma sarcastico, che ha da sempre distinto le sue performance dal vivo, introduce a quell’universo suburbano del quale fu rappresentazione prima ancora che simbolo. Il suono propulsivo, paranoico e distorto della metropoli per definizione, viene riacceso e reso spettacolo: le propulsioni ossessive del funk, sbiancate ed inacidite, accartocciate da contorsioni free e tagliate da lame punk, come furono nel passato remoto, si rincorrono con notturne divagazioni ed estratti dall’ultimo album di studio (Incorregible), pacate ma forti di telai ritmici intricatissimi, dove a farla da padrone è il basso profondo di Jaques Auvergne.

Sono ancora le movenze  da parodia del padrino e nume JB, che magari si sono un po’ imbolsite ma che nulla tolgono ad una musica che ad ogni nota rivela la sua natura genitrice, che anticipa al suo interno tanto Zorn quanto i Morphine, tanto Branca quanto la dance o il post-rock.

La band non si risparmia, James nemmeno, passando dal sax alla tastiera, muovendosi claudicando, sudando, cantando, blaterando rappando, nel solito modo che gli è congeniale da oltre trent’anni, mentre il resto della band rimane impassibile, ognuno al suo posto, facendo quadrato attorno al grande vecchio. Certo, ad ammantare di amarezza la percezione dell’evento, è la sensazione di assistere ad una rimpatriata (o quasi) dove il potenziale eversivo di una realtà davvero alternativa, di un approccio unico e sofisticato, figlio di una sensibilità compositiva pienamente novecentesca, sia divenuto solo uno dei tanti vettori d’intrattenimento possibile, laddove i nervi non si tendono più e al massimo si ballicchia come le belle signorine con i cocktail in mano sotto il palco. Insomma, le gambe dolgono ma le orecchie non fischiano: misura del fatto che il James Chance di oggi è un musicista che riguarda a sé solo in una prospettiva storica o fosse che la natura lungimirante degli autori della NY dei tempi che furono, ha talmente precorso le moderne tendenze da poter essere oggi recepita come mainstream pur se nata tra vicoli putridi e localini off?

Alessio Bosco
Alessio Bosco
Alessio Bosco - Suona, studia storia dell'arte, scrive di musica e cinema.

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