domenica, Novembre 3, 2024

Movie Star Junkies – Evil Moods: la recensione

È passato diverso tempo da quell’esercizio da mozzi e capitani di ventura che fu Melville, e poco distante anche A Poison Tree. I cinque pazzi scatenati stanno continuando la loro avventura europea, aggirandosi ancora dentro e fuori il Belpaese, specie in Francia dove questo rock alla Jack Daniels è molto apprezzato. Forse è un bene che debbano continuare l’attività live e che i soli dischi non ripaghino un’ottima produzione musicale. Dal vivo i MSJ danno tutto, e per tutto intendo quel che credete sia giusto che appaia in un gruppo rock e quello che non avete mai visto, almeno in Italia, almeno da parte di un gruppo italiano.

Calibro 35, proprio ora che vi siete presi il meritato riposo dalla lunga tournèe, avete sbagliato i tempi. Dove i milanesi sono stilosamente e filologicamente bravi, i Movie Star Junkies sono ‘schifosamente’ bravi (A Lap Full of Hate è la pietra di paragone definitiva). Puzza di erba e di sudore il loro black funk, espanso verso tutti gli angoli del mondo dove il riscatto è una flebile speranza e il mondo è in mano ai bastardi più potenti (All Sorts of Misery).

I MSJ hanno deciso di ‘slegarsi’ in tutta autonomia dai modelli musicali e di vita che hanno ispirato i precedenti lavori: da Jack London a Jack Kerouac, da Jim Hawkins a Jim Morrison. Rimane quell’accavallamento temporale, da Jack lo squartatore a Charles Manson, nei quali i MSJ raccontano storie, senza volersi far capire troppo bene per poter essere gli unici Cantori in grado di trasmettere la favola della puttana triste o dello spacciatore ladro.

La differenza essenziale di questo disco è che risulta meno ‘da buskers’, pienamente rock’n’roll, senza neppure i fantasmi jazzy in stile Jack Torrance. La martellante batteria non lascia nemmeno un attimo di silenzio, i cori in lontananza chiedono al cowboy di non vendersi come Giuda, le chitarre sono fumo che evapora nel sole del mattino o affoga gli avventori dei pub irlandesi.

Ci sono pretendenti che si affacciano alle attitudini sixties con una foga incredibile. Lacrime e sangue sembrano essere alla porta, l’angoscia in terzine dei precedenti dischi viene sospinta verso coraggiose cavalcate polverose. La prima parte di Evil Moods ha sapori funky: A Promise è una rivista L’America dei Doors, Please Come Home usa lo stratagemma dei Franz Ferdinand di Outsiders, è ovvio dirvi che il risultato è tutt’altro. Baltimore, dalla raccolta Still Singles, aveva già anticipato questa deriva. Si sente anche l’influenza di quell’altro vecchio pazzo di Frank Zappa, negli xilofoni di Rising e nelle trombe à la Peaches en Regalia di Jim Thompson.

Le suggestioni di questo disco si aprono come un cartone di Lsd: semplice ma capace di spalancarti la mente.

Elia Billero
Elia Billero
Elia Billero vive vicino Pisa, è laureato in Scienze Politiche (indirizzo Comunicazione Media e Giornalismo), scrive di dischi e concerti per Indie-eye e gestisce altri siti.

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