mercoledì, Aprile 24, 2024

Pennelli di Vermeer – l’intervista a Pompei 4-1-2015

NoiaNoir è il terzo lavoro sulla lunga distanza per i Pennelli di Vermeer, ensamble partenopeo capace di far interagire più generi in un corpo solo, lavorando abilmente non solo sulla tessitura musicale, ma elaborando una vera e propria forma narrativa attraverso i testi. NoiaNoir è infatti un album concept, non solo nell’accezione acquisita dagli anni settanta in poi, ma anche per il modo in cui contenuto e forma dialogano tra di loro senza considerare l’uno il veicolo dell’altro. L’album traccia il percorso di una storia “nera” ma allo stesso tempo, ogni brano è un’autonoma disamina di alcuni vizi contemporanei, dall’uso dei social media al modo in cui lo show globale della comunicazione di regime si appropria della nostra anima, il tutto condotto attraverso una divertita ironia, freschezza e immediatezza pop, tipiche di un progetto che non ha paura di confrontarsi in modo genuino con la musica popolare, nell’accezione più larga del termine, che non esclude sperimentazione e gioco.

Abbiamo incontrato la band “vesuviana” lo scorso 4 gennaio 2015 prima del loro concerto presso Le Lune WineMusic di Pompei e ne è venuta fuori una conversazione frizzante, intorno alla loro musica, al modo di (auto)prodursi e alla realtà editoriale a cui afferiscono, la Marott&Cafiero, casa editrice di Scampia che ha pubblicato il loro ultimo lavoro qualche mese fa.

Prima ancora di scendere nel dettaglio della vostra musica, mi interessava capire cosa vi ha spinto a scegliere la piattaforma di crowdfunding Produzioni dal Basso per produrre NoiaNoir. È stata semplice necessità o rientra in una filosofia di fondo, legata all’autonomia espressiva? 

Rientra ovviamente nella filosofia dei Pennelli di Vermeer. Chi conosce il nostro percorso ideologico-politico sa bene quanto noi sposiamo cause che provengono dal basso. Abbiamo utilizzato, appunto, la piattaforma Produzioni dal Basso per il crowdfundig e devo dire che è stata un’esperienza più che positiva. Tra l’altro, per essere completamente onesti, è stata una soluzione che ci ha proposto la Marotta&Cafiero, la nostra nuova casa discografica, dei giovani che tra l’altro stanno andando alla grande e di cui noi abbiamo sposato in pieno sia il loro modo di fare sia il loro modo di produrre e presentare.

Marotta&Cafiero è una casa editrice, tra l’altro, stanziata nel quartiere di Scampia.

Sì. Anche noi comunque veniamo dal vesuviano, non è che siamo a Lugano, per intenderci. Però, ecco, dal letame nascono i fiori.

Dal punto di vista strumentale, rispetto all’essenzialità di “La Sacra Famiglia”, quest’album è moto più ricco ed eclettico. Attraversa vari generi, dal Prog al Pop dal Funk al Folk, prendendo in prestito anche qualcosa dall’Opera. Da cosa nasce questo approccio così variegato, è stato ben studiato oppure è in qualche modo legato al vostro background musicale?

Decisamente. Io penso che la formula che ci ha sempre contraddistinto è la varietà dei generi e la loro contaminazione. In fondo è vero, anche “La Sacra Famiglia”, come dici tu, era più minimale dal punto di vista dell’arrangiamento, ma anche lì spaziavamo comunque in qualche modo tra i generi, anche se lo facevamo solo con un basso, un piano e la batteria. Ora ovviamente l’ensemble si è arricchito molto dal punto di vista strumentale, abbiamo ospitato anche grandi amici musicisti del vesuviano (Enrico Vicinanza, Giovanni Vicinanza, Antonio Ostuni, Rosario Federico, Fulcio Di Nocera, Catello Tucci e Ilario Ruopolo), e ci teniamo dirlo. Quindi, insomma, la nostra caratteristica è proprio quella di unire i generi più disparati, e in effetti si va dal folk, al rock, all’elettronica, all’opera; anche questa componente dell’opera l’abbiamo un po’ sempre avuta, già nelle precedenti produzioni. Diciamo che la nostra caratteristica, oggi come oggi, è il piacere di giocare, fondere e confondere dal punto di vista strumentale. Io penso che un po’ la differenza la possono fare i contenuti. Un messaggio che sia chiaro, inequivocabile, diretto. E questo è qualcosa che fin da “La Sacra Famiglia” abbiamo maturato e che oggi ci contraddistingue.

Anche nei testi c’è comunque questo gioco con le parole, fatto di assonanze, evidente già dal titolo Noia Noir o l’ultima track “Anime Anonime”, sempre all’insegna del tragicomico.

Sì, a volte può essere divertimento e a volte questo divertimento può anche collimare col concetto, con quello che si vuol dire, in qualche modo. L’importante è comunque che nell’insieme si riesca poi a cogliere il messaggio chiaro e diretto. E questa è un po’ la formula dei Pennelli di Vermeer, detto poi ovviamente con la tipica ironia che non perdiamo mai.
Insomma, alla domanda “Qual è il vostro genere?” non sapremmo rispondere e non ce ne frega un cazzo. E poi oggi, con la globalizzazione in corso, ancora con ‘sta domanda “Qual è il vostro genere?”. Diciamo che, se vuoi trovare un parallelo, hai presente nell’arte contemporanea la transavanguardia di Achille Bonito Oliva? Ecco, etichettaci come una transavanguardia musicale, dove veramente le citazioni sono tante.

Quindi non è offensivo se definisco la vostra musica post-moderna?

A noi piace una definizione in particolare che ci è stata data: Rock Pittorico. Una definizione che ci è sempre andata bene, coniata oltretutto da Donato Zoppo, un giornalista e critico musicale di un certo livello, che viene dal prog, ovviamente. La definizione Rock Pittorico, insomma, l’abbiamo sempre sposata con piacere, anche se non amiamo le etichette ma ci piace molto fondere e confondere. È la metafora della tavolozza e quindi delle nostre idee, del nostro background, da cui attingiamo le note come fossero colori.

Siamo senza pregiudizi. Penso che se ora abbiamo fatto questo, fra due o tre anni potremmo…

Sperimentare anche il rap…?

… non lo escludo (ridono).

Nei vostri testi raccontate quasi sempre del cosiddetto “Lato B” dell’individuo, dove risiedono gli istinti bestiali. Mentre il sistema che corrode il “Lato A”, rappresentato dalla facciata e dall’apparenza, è duramente criticato, ma sempre con ironia. Che opinione avete della situazione sociale contemporanea che si serve in modo così subdolo di questi istinti repressi?

Questo è fortemente presente in “La Sacra Famiglia”. Ma anche NeoNoir è allo stesso modo una critica feroce a quello che è il sistema dell’informazione. Un sistema dell’informazione che è poi anche lo specchio della nostra società. Stiamo vivendo in un periodo, come dire… “di cacca”, perché effettivamente ci rendiamo conto che fa audience, spettacolo, quello che invece per noi che ci riteniamo cittadini liberi, cittadini comuni, con un cervello pensante, riteniamo sbagliato. Oggi essere cittadino medio vuol dire forse avere un cervello, rispetto agli altri che vogliono invece ambire al successo e alla notorietà a tutti i costi. E questo è un po’ il leitmotiv delle varie trasmissioni televisive e dei telegiornali. I tg oggi non si possono più guardare, perché ormai anche loro pensano allo share, all’audience, allo scoop e non a fare informazione.

La noia, in sostanza, è la vera protagonista, la presenza/assenza che è il vero motore della degenerazione sociale, amplificata inoltre dai mezzi di comunicazione e dal sensazionalismo mediatico. La chiave del mistero è forse in questa strofa molto acuta: “Ho paura di te, hai paura di me, abbiam paura di lui che ha paura di noi. L’assassino è la noia perché somministra, alimenta, fomenta la paura che c’è”. L’unico indizio quindi risulta essere allo stesso tempo anche la causa, creando una sorta di corto circuito, un impasse estremamente pessimistico. Questa è la sensazione che almeno io ho percepito, voi che ne dite?

Più che pessimismo, a noi ci piace denunciare qualcosa che non condividiamo, o almeno questo è il punto di partenza. Sicuramente i mezzi di informazione generano in qualche modo una noia (se non altro, la noia è un tratto comune in tutte le persone, collettivo e che ci accomuna tutti). Il problema è quando la noia la si va ad alimentare, quando si creano persone annoiate, che non hanno più stimoli, che non hanno più un modo di pensare autonomo e che hanno invece la necessità di conformarsi a qualcosa per sentirsi sicuri, e in questo discorso rientra anche tutto l’apparato dei palinsesti che trattano argomenti di cronaca nera, che in qualche modo vanno anche a collocarsi in questa noia somministrata che i mezzi di comunicazione danno ai telespettatori. Quindi, in qualche modo, una società annoiata è un po’ lo specchio del pubblico televisivo dipendente da queste trasmissioni. L’aspetto terribile è che le persone subiscono questo dolore mentre i media invece ci lucrano, ed è questo che dovrebbero capire le persone, perché lucrare sul dolore delle persone credo sia una delle cose più allucinanti al giorno d’oggi. E quando lo fanno televisioni di Stato, o riconosciute in quanto tali, è veramente una cosa che non ha senso.

Ci rende quasi dei vampiri, bisognosi della nostra dose di sangue quotidiana…

“Criminali, figli del teleschermo, figli del web”, come diciamo noi in “Ouverture”, il brano di apertura di NoiaNoir. E quindi in qualche modo la noia è, come dici tu, l’unico vero indizio e causa, comune a tutti ma che può degenerare nelle cose più allucinanti che veramente non ci aspettiamo, il motore di comportamenti veramente terribili. Pensa al lancio dei sassi dal cavalcavia, ai clochard che vengono spesso bruciati dal branco di ragazzi che nun tenen nu cazz a fa e che decidono in un momento di noia di fare del male a delle persone indifese, pensiamo a quanti pestaggi avvengono solo per noia, senza un movente vero, ma pensiamo anche a quanti omicidi in cui c’è spesso un movente, ma che è davvero un movente insensato.

Noi in NoiaNoir abbiamo inserito un anagramma nella canzone Criminal Boy (che poi è la confessione dell’assassino) che l’ascoltatore dovrà risolvere. Quello è il movente dell’omicidio di Mrs. Rose, la soubrette televisiva attorno cui gravitano tutte le vicende. Ed è un movente che in realtà fa riferimento a una cosa davvero accaduta che lessi in un articolo, una cosa successa nei sobborghi di una città inglese: due ragazzi avevano ucciso una loro amica per… lo troverai nell’anagramma.

Questa trovata interattiva è molto stimolante, in effetti…

E infatti ci piaceva proprio l’idea di creare qualcosa di interattivo con il pubblico, l’ascoltatore.

Un’ultima domanda. Progetti in vista?

Beh, un disco rap, uno metal e la colonna sonora per un soft porno (ridono).

Diciamo che per ora, visto che l’album è uscito solo a giugno, speriamo di suonare tanto, di avere tanti attestati di stima e di partecipare a qualche premio, poi da qui a due anni non abbiamo ancora programmato nulla, però se nel frattempo dovessero arrivare proposte interessanti, perché no… Ieri proprio parlavamo del fatto che ci stimolerebbe tanto l’idea di comporre una bella colonna sonora per un lungometraggio, un cortometraggio o un progetto di animazione, sarebbe bellissimo. Insomma, da questo punto di vista siamo aperti a tutti.

Ecco, forse una mezza cosa la posso accennare. Uscirà prossimamente una compilation sui brani di Ivan Cattaneo e noi abbiamo partecipato con una sua cover, e quindi saremo inseriti in questa compilation che sarà disponibile a breve. Il progetto non sarà curata da noi, ovviamente, in quanto abbiamo partecipato solo in qualità di ospiti riarrangiando un brano di Cattaneo.

Pennelli di Vermeer su Facebook

Andrea Schiavone
Andrea Schiavone
Andrea Schiavone, appassionato di cinema ha deciso di intraprendere studi universitari in ambito cinematografico. Laureatosi in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza di Roma ed attualmente studente magistrale in Cinema, Televisione e New Media alla IULM di Milano.

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