mercoledì, Dicembre 4, 2024

Girls like us: il rock sanguinante delle Pins

Dopo il promettente “LuvU4Lyfon” , Ep di debutto delle mancuniane Pins, Bella Union pubblica il primo full lenght del quartetto intitolato Girls Like Us, e le buone vibrazioni di qualche mese fa si ripetono nei tredici episodi dell’album; condotto sullo stesso filo, recupera il sound di certe grrrl band degli anni ’90, ma rispetto all’esordio mitiga le scelte più orientate al decennio di riferimento,  proponendone una versione contaminata con il surf, la dark-wave dei primi ottanta e una torrida atmosfera desert rock di fondo.

Da questo punto di vista, le Pins sembrano riferirsi più da vicino ad esperimenti marginali ma interessantissimi come le Cadallaca, in pratica la deriva sixties delle Sleater Kinney,  o i dimenticati Crunt, strano mostro messo in piedi con pezzi di Babes in Toyland e gli ingranaggi della Jon Spencer Blues Explosion, perso in una dimensione temporale tra i 60 e i 90.

Senza per forza dover cercare la novità ad ogni costo, le Pins acquisiscono l’essenza di un suono “ribelle” e ritagliano sulla propria sensibilità un album sincero e sanguigno, registrato nello spazio di una sola settimana a Liverpool, in presa diretta; una scelta non da poco se si considera che uno dei riferimenti che si leggono maggiormente in giro a proposito del quartetto, sarebbe quello del guscio “twee” pop, sicuramente presente, ma in una forma che non ha niente a che vedere con i numerosi e recenti tentativi di recuperare una certa “allure” in fase di post-produzione, tirando fuori prodotti laccatissimi e perfetti.

Le Pins utilizzano quel linguaggio per disinnescarlo dall’interno, perchè i loro brani mantengono una ferocia punk totalmente sanguinante, si prenda come paradigma la title track, con quel basso potentissimo, robotico e riverberato che farà da tappeto quasi dronico a tutto l’album, e con un’apertura che del rock’n’roll primitivo sceglie la versione più spettrale e garage.

Se a questo congegno ritrmico si aggiunge il drumming della tetra Mad for you, della suburbana Get With Me e della più tradizionalmente punk Waiting for the end, la piccola macchina del tempo si sposta dalle parti di Siuxie e degli Echo And The Bunnymen, e sopratutto i secondi, con la loro reinvenzione oscura delle intuizioni Velvetiane, sembrano l’anima pulsante che da forza alla musica delle Pins.

Tutte le escursioni surf dell’album (ad esempio Lost Lost Lost) perdono da subito la forma del cazzeggio californiano e al divertimento sostituiscono un incedere marziale e scabro, tanto che per rimanere sotto il sole, sembra di avere a che fare con quello di tutto il desert rock più essenziale e disitratato; la bellissima Stay True ne è un fulgido esempio, trascinata da una sezione ritmica che ricorda in parte quella dei primi Thin White Rope, fa un uso dei cori vicino al miglior punk americano  (gli X, per esempio) e deflagra come un lento, inesorabile sanguinare, all’interno di questo piccolo e creativo album di rock’n’roll.

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Ugo Carpi
Ugo Carpi
Ugo Carpi ascolta e scrive per passione. Predilige il rock selvaggio, rumoroso, fatto con il sangue e con il cuore.

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