La nuova edizione della Biennale Musica, diretta per la prima volta da Caterina Barbieri, apre con un’immagine di forte potenza simbolica: un corteo acustico d’acqua, un attraversamento lagunare in cui l’elemento liquido diventa amplificatore di rituali e possibilità. Il titolo scelto per il festival, La Stella Dentro, suggerisce una traiettoria che non punta verso un orizzonte esterno, ma verso un universo interiore, dove la musica si fa medium di trasformazione e di connessione cosmica.
A incarnare questa dimensione per la prima giornata del festival, domani 11 Ottobre 2025, è la processione sonora Cry of Our Guardian Star, commissionata alla musicista e artista boliviano-americana Chuquimamani-Condori, Leone d’argento di questa edizione. La sua azione performativa, radicata nella cosmologia Aymara e nelle “cerimonie d’acqua”, costruisce un dialogo tra ancestrale e urbano, tra la memoria rituale e il presente giovanile veneziano.
Su questo progetto abbiamo già pubblicato un approfondimento critico su indie-eye
Rafael Toral — Cartografie del suono espanso
Alle ore 21.00 della prima giornata, presso il Teatro alle Tese sarà programmato Traveling Light (60’) di Rafael Toral
Nel mondo della sperimentazione sonora, il portoghese Rafael Toral occupa una posizione peculiare; un musicista che attraversa rock, ambient, minimalismo e free jazz con un approccio che fonde rigore formale e intuizione poetica. Il suo nuovo progetto Traveling Light, presentato in prima assoluta alla Biennale, segna un ulteriore passo nella sua reinvenzione continua, dove assistiamo al ritorno della chitarra elettrica come strumento d’indagine armonica, questa volta in dialogo con un ensemble acustico.
Toral si è fatto conoscere alla fine degli anni Novanta con lavori che hanno segnato la scena sperimentale, come Wave Field (1995), in cui il suono della chitarra veniva trasformato in paesaggio sonoro attraverso tecniche di manipolazione spaziale, e soprattutto con il suo Space Program (2004–2017), un progetto visionario che, come scriveva la rivista The Wire, “trasforma la performance elettronica in un linguaggio da camera, intimo e preciso, quasi come se Alvin Lucier avesse incontrato Jimi Hendrix in un laboratorio di sintesi modulare”.
La collaborazione con figure come Alvin Lucier, Phill Niblock e i Sonic Youth ha contribuito a costruire una poetica sonora basata sull’“instabilità controllata”, una tensione tra gesto e fenomeno, tra controllo e apertura al caso. Come osserva la musicologa Cathy Lane in uno studio pubblicato su University of the Arts London, “Toral non lavora semplicemente con suoni elettronici, ma con le condizioni di ascolto che questi suoni impongono: il suo è un lavoro sulle modalità percettive”.
Con Traveling Light, Toral trasla questa tensione nel dominio acustico: clarinetto, sax, flicorno e flauto dialogano con la sua chitarra in uno spazio armonico sospeso, in cui l’elemento impro incontra strutture quasi modali. La luce viaggiante del titolo è anche una metafora per un linguaggio che si sposta continuamente, che rifiuta ogni staticità per cercare nuovi territori sonori.
Il concerto Traveling Light di Rafael Toral sarà trasmesso in diretta da Rai Radio 3 (Radio 3 Suite).
Bendik Giske — Corpo, respiro e trance
A seguire, dopo l’evento di Rafael Toral, Into the blue di Bendik Giske
Se Toral lavora sulla dimensione spaziale del suono, Bendik Giske ne indaga la materialità corporea. Il sassofonista norvegese, protagonista di Into the Blue, è noto per le sue performance intense, quasi sciamaniche, in cui il corpo dell’artista diventa veicolo sonoro tanto quanto lo strumento.
La chiave della sua ricerca risiede nella respirazione circolare, tecnica che permette di produrre un suono ininterrotto per lunghi periodi, ma anche nel modo in cui questa pratica altera la percezione del tempo e dell’ascolto. Come ha osservato la studiosa Jennie Gottschalk nel suo libro Experimental Music Since 1970, “la continuità del flusso sonoro può diventare un dispositivo per sospendere la linearità temporale, creando una forma di trance percettiva”.
Le performance di Giske si situano in una zona liminale tra concerto, coreografia e meditazione: il suono si intreccia con movimenti lenti, micro-dinamiche gestuali e vocalizzazioni integrate nell’emissione strumentale. In questo senso, la sua pratica è vicina tanto alle ricerche sulla fisicità performativa quanto ad alcune esperienze minimaliste, dal sax di Terry Riley agli ambienti immersivi di Pauline Oliveros, soprattutto per la nozione di deep listening.
Nel contesto della Biennale, Into the Blue appare come un attraversamento dello spazio tra le note, l’invisibile che si manifesta nella vibrazione dell’aria e nella prossimità tra respiro e suono.
Giske trasforma il sassofono in un corpo sonoro a sé stante, uno strumento di trance condivisa.
Nkisi — Archeologia del suono e techno-séance
Subito dopo la performance di Giske, sarà il turno di Nkisi, l’artista belga-congolese che a La Biennale Musica porta l’opera Anomaly Index
L’opera Anomaly Index di Nkisi (alias Melika Ngombe Kolongo) rappresenta uno dei momenti più radicali e concettualmente densi del programma. La sua pratica artistica fonde ritmiche afro-diasporiche, forme rave e noise, materiali d’archivio e pratiche ritualistiche, configurandosi come una vera e propria “archeologia sonora etnografica”.
Nkisi è una delle fondatrici del collettivo NON Worldwide, nato per dare spazio a voci nere e diasporiche nel panorama elettronico globale. Come scrive la studiosa Marie Thompson nel saggio Hauntological Frequencies pubblicato dalla University of Lincoln, “Nkisi lavora sul suono come su un archivio vivo, capace di far riaffiorare memorie collettive represse, ma anche di costruire nuovi riti comunitari”.
Anomaly Index si inserisce in questa traiettoria, evocando pratiche trance e possessione attraverso strutture ritmiche poliritmiche, iper-accelerate, che risuonano con le tradizioni dell’Africa centrale e occidentale ma vengono filtrate attraverso estetiche post-industriali. Il risultato è quella che potremmo definire come techno-séance: una seduta collettiva che usa il suono per connettere temporalità multiple e per esplorare la possibilità di un sapere corporeo, non testuale, inscritto nella memoria sonora.
La presentazione del lavoro in contesti come Tate Modern e Centre Pompidou ha contribuito a posizionare Nkisi non solo come musicista ma come teorica del suono diasporico: la sua pratica non documenta semplicemente radici culturali, ma le riattiva, trasformandole in esperienze estetiche condivise e politicamente incisive.
La scelta curatoriale di Caterina Barbieri sembra ruotare intorno a un’idea precisa: la musica come campo energetico, come stella interiore che connette memoria, corpo e futuro.
Rafael Toral lavora sullo spostamento armonico e spaziale, Bendik Giske sul respiro come tempo e trance, Nkisi sulla memoria diasporica come energia collettiva.
Questa costellazione di pratiche restituisce l’immagine di una Biennale non come semplice vetrina di linguaggi sperimentali, ma come luogo in cui l’ascolto diventa esperienza trasformativa e radicalmente politica.
La “stella” evocata dal titolo non è un simbolo astratto, ma un dispositivo sonoro che pulsa dentro la materia viva dei corpi e delle storie. Da non perdere.
Acquisto dei biglietti online (www.labiennale.org) e nei punti vendita della Biennale: Ca’ Giustinian (10.00>17.00 tranne lunedì), Infopoints ai Giardini e all’Arsenale (mar>dom 11.00-18.30), un’ora prima dell’inizio degli spettacoli presso la biglietteria dedicata all’Arsenale.






