lunedì, Dicembre 2, 2024

Hindi Zahra – Handmade (EMI, 2010)

Quando si dice nomen omen. Fin dal titolo l’esordio della cantautrice Franco-Marocchina Hindi Zahra si impone come qualcosa di profondamente intimo, prezioso e viscerale. Non a caso l’intero disco è stato suonato, arrangiato e prodotto in autonomia dalla cantante stessa, secondo un’ottica DIY davvero insolita per una distribuzione major. Il fascino di Handmade risiede proprio nella scarsitá di risorse impiegate: l’opera si inserisce nel solco di un’artigianato d’altri tempi, che dimostra tanta passione quanto mestiere. L’impasto sonoro si basa su di un solido connubio fra voce e chitarra acustica, quá e lá abbellito da una linea di basso o dal suono di un Bendir, ma piú spesso accompagnato esclusivamente da rudimentali clap-hands. Una povertá di mezzi figlia del blues delle origini, tradizione che verosimilmente potremmo annoverare tra le influenze della cantante ma che non esaurisce la sua cifra stilistica. Nata e cresciuta in Marocco da una famiglia di origini Berbere, Hindi Zahra deve la passione per la musica ad alcuni zii impegnati nella scena post-psichedelica locale. Da loro eredita la venerazione per dive del raï come Cheikha Rimitti, viene introdotta alla musica tradizionale Berbera e impara ad amare i blues desolati dell’eroe maliano Ali Farka Touré. A diciotto anni si trasferisce a Parigi, dove viene sedotta dai ritmi Afro-Americani. Tra i suoi ascolti del periodo cita Aretha Franklin, James Brown, 2Pac e gli A Tribe Called Quest. Si fa le ossa per alcuni anni sulla scena Hip Hop parigina cantando come corista in un gruppo, ma si stanca presto di campionamenti e ritmi sintetizzati, prediligendo forme di comunicazione piú organica. Nel 2005 imbraccia la chitarra acustica e comincia a scrivere i primi brani, calibrando il songwriting sulle orme dei folksinger americani e dei chansonniers francesi. Le sue performance canore senza tempo la avvicinano invece alle grandi signore del Jazz: il magazine britannico The Wire ha definito la Zahra nientemeno che l’erede naturale di Billie Holiday. Da questa commistione di stili scaturisce un’opera avvincente, che per tutta la sua durata sa imporsi con delicatezza, quasi in punta dei piedi, dimostrando al contempo un’incredibile varietá espressiva. Il fortunato singolo Beautiful Tango, cosí come le digressioni in dialetto Berbero Oursul e Imik Simik, sono gli episodi piú legati a certo cantautorato Folk/Soul; in At the Same Time la componente Jazz sembra prendere il sopravvento, mentre le ballate desertiche Set me Free e Kiss & Thrills accentuano i tratti Blues/psichedelici. In coda sono posti i brani piú ritmati e ballabili: Stand Up, secondo singolo estratto dall’album, incrocia melodie maghrebine con ritmi caraibici; Music – l’unico pezzo che presenta una produzione propriamente “da studio” – lascia emergere il groove di stampo R’n’B e si candida a sicuro riempipista. L’artista, che in Francia e in Inghilterra è giá un piccolo fenomeno di culto, si appresta a conquistare anche le platee italiane con un’esibizione esclusiva all’Italia Wave Love Festival, il 21 Luglio. Da non perdere.

Hindi Zahra su myspace

Qui di seguito una splendida session acustica di Hindi Zahra pubblicata su Dailymotion

[dailymotion]http://www.dailymotion.com/video/x9erh2_la-session-live-hindi-zahra_music[/dailymotion]

Federico Fragasso
Federico Fragasso
Federico Fragasso è giornalista free-lance, non-musicista, ascoltatore, spettatore, stratega obliquo, esegeta del rumore bianco

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