martedì, Aprile 23, 2024

A Classic Education – Call it blazing (Lefse – La Tempesta International, 2011)

«Di cosa parliamo quando parliamo d’amore?» E non perché mi vada di sciorinare Carver citandolo così gratuitamente, ma perché è proprio questo il dilemma a cui ci si aggrappa dopo l’ennesimo ascolto di Call it blazing, strepitosa prova (dopo una manciata di ep premonitori) dei bolognesi A Classic Education.
Amore appunto! Molto simile a quello, senza tempo, sotteso al cuore trafitto dalla freccia e scolpito da adolescenti sul tegumento legnoso. Amore non compromesso, terso, ingenuamente ignaro della sua intrinseca caducità e sfrontato contro il mondo e le sue intemperie. E non v’è nulla che possa far rizzare i baffi nell’asserzione consapevole che siano proprio bands come gli A Classic Education ad alzare enormemente il livello e, per quanto mi riguarda, a farci credere nel sistema.
A tracciare le coordinate del loro “pop barocco” sono infatti sentieri fatati fatti di luce e tanto, tanto fascino, egregiamente disegnati per reggere qualunque upset, foss’anche quello di platee parecchio blasonate. L’impressione è quella di essere dinanzi ad un’opera di certosina rifinitura, incantata, ma non costretta, da un’evidentissima impronta americana e con un suono mostruosamente efficace, merito certo della band ma soprattutto dell’ottimo Jarvis Taverniere (Ganglians, Dum Dum Girls) sapientemente abile a metter a fuoco l’identità intrinseca di Clancy & soci, altresì più rarefatta nelle precedenti releases.  A segno, dunque, ogni piccola chicca ivi contenuta. Nessun riempitivo, neanche l’iniziale Work it out, così candidamente sbozzata sulle orme dei paesaggi bucolici cari agli ormai arcinoti Fleet Foxes o l’atipica Billy’s gang dream, buontempona à la maniera di Vampire Weekend e Weather Prophets.
Un disco che prescinde dall’esigenza post, pur evocandone fantasie e fantasmi. Lo dimostrerebbero l’irrequietezza college intrisa di rigurgiti beat à la The Wake (Baby it’s fine, Forever boy e I lost time), o il trepidare adolescenziale marcato Stone Roses di Gone to sea e Spin me round che, insieme, portano gli A Classic Education lontano, lontanissimo dall’ansia apocalittica del genere in un anfratto geniale capace di rimbalzarti piè pari su una tavola surf in riva al litorale di Stockton (Place a bet on you, Can you feel the backwash) o ancora di farti provare il torpore provvidenziale di una coperta in pieno inverno (Night owl, Terrible day). Un uscio lasciato appena socchiuso, tanto quanto basta per scrutarvi il mondo dentro, mentre figure riverberate si fondono in un’orgia primordiale. Ed è allora che senti di essere innamorato. Così come un adolescente. Turbamenti, fisse, speranze. Tanto la loro musica è magnetica, essenziale, bella! Che Dio li benedica!

Francesco Cipriano
Francesco Ciprianohttp://admin
Francesco Cipriano classe 1975, suona da molto tempo e scrive di musica.

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