venerdì, Aprile 19, 2024

Intervista a Marco Ancona dei Fonokit

L’album “Amore o Purgatorio”, opera prima dei Fonokit (recensita da questa parte su IE – REC) il tuo nuovo progetto, è uscito da pochissimo. Come già ti è capitato di affermare, da tempo la scena indie italiana non era così ricca di proposte piuttosto eterogenee e per lo più di buona qualità, ne è stata espressione la stessa esperienza de “Il paese è reale”, promossa dagli Afterhours, dove compari assieme ad Amerigo Verardi.
Considerando che la tua musica è fortemente influenzata da sonorità di circa vent’anni fa, mentre la scrittura, intima e inquieta, deve molto alla tua passione per la Wave, credi che ci sia un collegamento fra la situazione sociale odierna e il rinnovato interesse per le produzioni alternative ? Credi insomma che la reazione a un tempo fragile come il nostro abbia riprodotto in parte le condizioni espressive di vent’anni fa ?

Probabilmente sì, me lo stai facendo pensare proprio in questo momento.. Credo effettivamente che ci potrebbe essere un collegamento che ha potuto rinnovare dell’interesse verso le produzioni “alternative”. Forse anche le condizioni, in questo momento come in altri momenti storici analoghi, possono portare naturalmente ad un’espressività particolarmente sentita, che colpisce nel vivo.
Diciamo che è un momento particolare in cui cose da dire ce ne sono abbastanza.

La musica dei Fonokit combina un suono di gusto British ai testi in lingua italiana.
La produzione di “Amore o Purgatorio” è frutto della collaborazione fra la stessa band e Domenico Capuano, è evidente che il risultato si avvicina molto di più al gusto internazionale che allo standard italiano.
Credi che la sintesi fra un sound più vicino alle preferenze dell’ascoltatore moderno e l’immediata comprensibilità delle lyrics al pubblico nazionale sia la ricetta migliore per una riuscita comunicativa del progetto nella sua complessità ?

Sì o almeno dovrebbe essere così.. pensiamo però che in Italia si ascolta tantissima musica straniera senza capire un’acca dei testi ma regolarmente finisce che ci troviamo nella situazione paradossale che proprio il pubblico della tua stessa nazionalità diventa così sopraffino nei tuoi confronti da discutere anche sulle virgole dei tuoi testi. Poi basta che qualche straniero blateri qualcosa di incomprensibile in inglese e risulta sempre figo.
Ad ogni modo, nonostante questo paradosso, sono contento che sia così per una questione artistica. Credo che faccia parte della nostra cultura dare particolare importanza al testo, alle parole che si usano ecc.. ed è una nostra peculiarità degna di nota, un gusto particolare che secondo me l’ascoltatore medio internazionale si può solo sognare. Lo sottolineo nonostante io ascolti da sempre quasi esclusivamente musica straniera, ma facendo attenzione ai testi come parte fondamentale – se non principale – di una canzone.
Detto questo credo anche di averti risposto alla prima parte della domanda, cioè che il connubio che c’è fra il nostro gusto musicale di radici internazionali e la lingua italiana è semplicemente la cosa più ovvia che potremmo fare: suonare ciò che ci viene spontaneamente cantando nella lingua con cui ogni giorno parliamo spontaneamente. Oltre tutto non riuscirei a dire esattamente ciò che voglio in tutte le sfumature del caso in nessun’altra lingua che non sia la mia.

Hai dichiarato che in fase di produzione, il vostro intento era realizzare un album rock con un approccio operativo di stampo elettronico, questa concezione si evince facilmente ascoltando le 13 tracce, dove il trattamento di ogni strumento come delle linee vocali è estremamente rifinito eppure piuttosto potente. Dopo l’esperienza con i Bludinvidia, band da cui provengono tutti i componenti dei Fonokit, caratterizzata dal suono volutamente sporco e poco prodotto (penso all’album “Non è abbastanza ancora”) come è nata la necessità di cambiare profondamente direzione, almeno per quel che riguarda l’impatto sonoro delle vostre canzoni ?

Abbiamo sempre avuto e avremo sempre la necessità di sperimentare cose diverse di disco in disco, diversamente ci annoieremmo.
Io personalmente, per esempio, non avrei l’urgenza di fare un disco se non avessi degli stimoli sonori diversi che mi facciano venire la voglia di produrre qualcosa di nuovo. Per me è fondamentale andare in fondo il più possibile ad una sperimentazione sonora estemporanea, restando sempre però all’interno dei codici stilistici principali della band.


Se dal punto di vista della produzione i Fonokit rappresentano una cesura netta rispetto all’ultima uscita dei Bludinvidia, per quanto riguarda la composizione e la scrittura dei testi, “Amore o purgatorio” sembra avere assorbito le influenze dei vari progetti che ti hanno visto attivo in questi 15 anni, dalla vecchia band all’esperienza con Verardi e gli Afterhours, rielaborandole in uno stile oltre che nuovo, assolutamente eclettico.
L’album coglie l’istantanea di una band in evoluzione verso una nuova forma stilistica stabile o la sperimentazione rimarrà sempre una priorità per te ?

Come dicevo prima, la sperimentazione sonora è sempre una priorità per me, soprattutto in ambito di produzione. Mi riferisco al come vestire un brano in termini di sonorità, arrangiamenti e relativo scenario ed immaginario ai quali l’ascolto di una canzone può condurti.
Per quanto riguarda invece la scrittura, la sperimentazione probabilmente è di tipologia diversa, meno voluta anche. Forse parlerei più di evoluzione continua nella scrittura e sperimentazione estemporanea nella produzione.
Quindi sull’affermazione riguardante le influenze assorbite in campo compositivo, è naturale che ci siano i Bludinvidia essendo noi stessi ma qualche anno prima. L’esperienza con Amerigo Verardi in realtà è successiva alla produzione del disco. Quando siamo partiti in tour insieme e abbiamo iniziato a produrre roba, in realtà “Amore o Purgatorio” era già nelle fasi di post-produzione e mastering, quasi pronto per essere pubblicato.
Allo stesso tempo però trovo plausibile una sua influenza visto che è uno dei miei autori italiani preferiti da sempre e se non fosse stato così non credo che gli avrei mai proposto di fare qualcosa insieme.


Hai dichiarato di ritenere fondamentale la comunicazione di un messaggio, una prospettiva, nel lavoro artistico e di guardarti da chi afferma che la difficoltà nella comprensione sia sinonimo di un prodotto intellettualmente superiore.
Per quanto i tuoi testi descrivano la realtà da un punto di vista individuale, talvolta generazionale, ritieni il fondamento “pop” della comprensibilità indispensabile per arrivare profondamente alla mente dell’ascoltatore.
Credi che questo genere di concezione abbia aiutato la tua crescita nel mestiere artistico, rendendoti consapevole anche nelle fasi più sperimentali ?

Credo di sì, anche se per me “comunicazione di un messaggio” significa anche semplicemente portare l’ascoltatore in un certo immaginario, evocargli degli scenari sia reali che mentali. Non mi riconosco nella “comunicazione del messaggio” come chi denuncia qualcosa alla gente in maniera schietta e diretta, perché in realtà parto sempre da descrizioni personali, dal mio piccolo. Da queste descrizioni a volte ne viene fuori una denuncia a questa situazione o a quell’altra.. tipo per esempio in “Vendimi un sogno” chiedo alla televisione di passarmi un’arma dallo schermo,, magari per distruggere la televisione stessa o per tagliarmi le vene e non dico: “Ragazzi la tv fa cagare rendetevene conto !”.
Mi piace descrivere ciò che ho nella mente o le sensazioni che provo davanti a qualcosa che colpisce la mia fantasia.
Da ciò è facile intuire che quando un testo diventa troppo visionario e personale, sicuramente risulta non di facile comprensione per l’ascoltatore o almeno non immediatissimo. Ma sia.. significa che sarà un tipo di canzone che magari ognuno interpreterà in modi diversi e, per il mio gusto personale, il bello dell’arte risiede anche qui.

Avete già progettato la nuova attività live come Fonokit ? Quale genere d’impatto avranno i nuovi spettacoli, preferite riproporre una versione dei brani fedele all’album o avete in mente nuove elaborazioni ? Cosa credi sia preferibile per il pubblico ?

Stiamo preparando un live-set. Essendo che “Amore o Purgatorio” è un disco prodottissimo e che noi siamo in tre a suonare, abbiamo dovuto affrontare le prove in maniera diversa dal solito.
Innanzi tutto ci siamo dovuti studiare il disco.. questo perché nelle sperimentazioni in fase di produzione c’era anche il fatto che per la prima volta non abbiamo mai provato una canzone prima di registrarla. Arrivavamo in studio con i brani scritti e iniziavamo a registrarli senza conoscerli affondo per vedere che strade sonore strane e inaspettate potevano prendere registrando man mano strati di strumenti e di parti.
Quindi finita la produzione ci siamo trovati questo disco tutt’altro che live. La lavorazione dell’album è stata anche molto lunga e sperimentale al punto di doverci imparare nuovamente le parti strumentali eseguite da noi stessi. Fatto questo abbiamo iniziato le prove insieme apportando anche delle piccole modifiche funzionali al tipo di espressione differente di cui gode uno spettacolo dal vivo, dando appunto spazio più all’impatto sonoro che al particolare. Specialmente nel rock ci sono dei particolari di produzione che in un disco fanno la differenza mentre dal vivo se li esegui non si sentono neanche perché sommersi dalle dinamiche forti di un gruppo che pesta. In questo caso fattori legati a combinazioni di frequenze, pressione sonora e altro sono di fondamentale influenza nella riuscita di concerti rock o comunque di generi più d’impatto.
Alla stessa maniera la predisposizione all’ascolto di ognuno è generalmente diversa nelle varie situazioni: quando per esempio sei in macchina e ascolti un disco, sei nel mood giusto per recepire dettagli che quando sei in un club non ti arrivano proprio all’orecchio a favore di altre cose, come appunto l’impatto sonoro prima di tutto o il groove in generale. Questi sono fenomeni che spesso si vivono inconsciamente ma il piacere che prova il nostro cervello in un caso o nell’altro è realissimo e tangibilissimo.
Detto ciò stiamo preparando le canzoni come fa più piacere sentirle a noi stessi nel momento in cui le suoniamo in sala prove, conservandone la stessa atmosfera del disco ed impoverite o arricchite di ciò che riteniamo più opportuno.


Progetti immediati ?

Tornando alla seconda domanda, la nostra etichetta discografica ci ha chiesto anche delle versioni inglesi dei brani per il mercato estero.. vediamo..

 

Giorgia Mastropasqua
Giorgia Mastropasqua
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