venerdì, Marzo 29, 2024

Joseph Arthur – The Graduation Ceremony (Lonely Astronaut Records, 2011)

Sono passati tre anni da quando Joseph Arthur ha pubblicato il suo Temporary People, l’album che in qualche modo lasciava presagire quello che si ascolta in The Graduation Ceremony, l’ultima fatica del cantautore dell’Ohio. L’evoluzione stilistica dell’ex enfant prodigue della scena cantautorale alternativa made in Usa, trova l’acme compositivo nella tessitura viscerale di questo disco. Quando nell’ormai lontano 2000 il giovane chanteur pubblicava Come to where i’am from, benedetto artisticamente da Peter Gabriel ( il disco usciva per la Real World l’etichetta dell’ex Genesis), si era gridato quasi al miracolo discografico, ad un album concettualmente perfetto, uno squarcio underground condito da un apparato testuale che sembrava uscire direttamente dall’animo di Arthur. Ne seguivano altre cinque pubblicazioni sotto la stessa impronte viscerale con un approccio strumentale che via via acquisiva una propensione meno rock, un atteggiamento sonoro che fluiva in distese più folcloristiche mantenendo un modus operandi tipicamente alternativo. Oggi The Graduation Ceremony infatti ci consegna quello che può sembrare l’assestamento artistico che le scorse uscite lasciavano intendere. Le dodici incisioni mantengono un accento compositivo intrinseco accompagnate da un mood sonoro profondamente folk rock in chiave melodica. Ne risulta un concentrato delizioso all’ascolto caratterizzato da picchi struggenti come in Gypsy Faded , un’apoteosi strumentale condita da cori gospel e impreziosita dall’aggiunta di archi nelle aperture. Almost Blue e Over the Sun determinano l’approccio più pop di Joseph, uno sguardo più ritmato e frivolo che brilla in una scaletta dalle tonalità ombrose e impenterabili. La passione del cantautore americano è completamente riversata, non ne fa tesoro e la stilla in ogni composizione, non sorprende infatti il prodigioso pathos che vive in Out of a limb, l’open track che ogni album cantautorale dovrebbe offrire, un arpeggio a fior di pelle che si posa sulle vellutate note del pianoforte, il tutto domato da una voce bisbigliata,  a tratti spezzata, dall’emozione spesso incontenibile. Un progetto introspettivo che si fa carico di vicende amorose vissute tra realtà e sogno, del vuoto che può lasciare una relazione interrotta bruscamente e della tenacia seccante di un orgoglio ferito. The Graduation Ceremony è un album schietto, senza orpelli, una catarsi che possiede l’intera evoluzione di un cantautore che, alla soglia dei quarant’anni, ha imparato a confessarsi maneggiando l’estro e l’arte a mo’ di panacea per l’anima. Altamente consigliato.

Paolo Pavone
Paolo Pavone
Paolo Pavone Vive, nasce, e cresce fra le risaie del nord italia, salvo una lunga parentesi nel regno unito. Torna per occuparsi, di giorno dell' arte e del design e di notte di musica e scrittura.

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