giovedì, Aprile 18, 2024

Taken by Trees – Other Worlds (Secretly Canadian, 2012)

Difficile trovare dischi applicabili a una particolare situazione, ad un contesto chiuso, limitato da sensazioni che possono essere rimembrate e percepite da tutti. Se potessimo definire una scelta “ambientale”, neologismo per non confondersi nella musica ambient che poco ha in comune con questo concetto, come una particolare cifra stilistica attraverso la quale si definiscono luoghi, suoni e quasi odori grazie alla musica, beh allora avremmo un caso speciale.

L’oceano, è diventata la scelta ambientale degli svedesi Taken by Trees, che per questo debutto si librano dai cieli traversati dalle scie di caldi jet per immergersi nelle calde acque del Pacifico. E’ così, gli altri mondi che il progetto di Victoria Bergmsan, dai Concretes, immagina e traspone su disco sono quelli sottomarini. E l’ispirazione in musica non gli è mancata: dalle più didascaliche colonne sonore di cartoni animati (non tanto i caraibici ritmi della Sirenetta Disney quanto le oziose melodie di Spongebob), fino alla classica Close to Me dei Cure, o cose più ricercate come il dub di Architeq. Dalla conchiglia emergono all’orecchio dell’ascoltatrice in copertina ritmiche dub ma non giamaicani, bassi scomposti ma fluttuanti, steel guitar necessarie per quell’oniricità obbligata, percussioni quasi inventate su esoscheletri di esseri marini e la voce sussurrata della Bergsman che si approccia in modo talvolta serioso (non alla Glasser) alle melodie vocali, si ascolti ad esempio la coda un po’ scema di Highest High. Ovviamente molta elettronica sotterrata accompagna il tutto, Dreams ci gioca su tutto il tempo, portandoci su una nuvola sospesa sulle percezioni di tempo e spazio. In Other Words addirittura cita Daysleeper e Suspicion dei R.E.M. depressi di Up, Pacific Blue ripercorre gli studi caraibici che furono dei Clash e dei più giovani Tanlines. La più interessante rimane Large, che unisce archi indianeggianti in stile ultimi Ratatat con un’ampliata sezione ritmica, presa in prestito da China Girl e da M.I.A. Il fatto di limitarsi a seguire una sensazione apre gli orizzonti musicali più disparati, riconvertendo strumenti spesso simbolo di altri generi come la steel guitar per il country. Il grosso punto debole in questo oceano di suoni e visioni è proprio il fatto che il cantato soprassiede statico, già sentito in altri luoghi sopra il livello del mare. Certo, meglio così che più indelicati rappati, ma la soluzione indie è di ripiego in questo caso, e alla lunga stanca o si lega come sottofondo. E sarebbe immeritato, davvero.

Elia Billero
Elia Billero
Elia Billero vive vicino Pisa, è laureato in Scienze Politiche (indirizzo Comunicazione Media e Giornalismo), scrive di dischi e concerti per Indie-eye e gestisce altri siti.

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