lunedì, Dicembre 2, 2024

Movie Star Junkies: Son Of The Dust – la foto-intervista @ Indie-Eye

E quindi anche un ritorno ad uscite frequenti?
S: Sì, perché fortunatamente abbiamo molte richieste da label, soprattutto francesi, che vogliono continuare a far uscire i 7” o raccolte, solo che ci manca proprio il tempo materiale per incontrarci e lavorarci.

C’è stato anche un cambio di etichetta per il disco: siete passati dalla Voodoo Rhythm alla nuova etichetta dei Mojomatics. Come mai?
S: È stata una scelta dettata da difficoltà economiche. La Voodoo Rhythm e tutte le etichette di quel livello sono etichette fighissime, ma rimangono etichette underground che per campare sono costrette a chiedere agli artisti dei sacrifici. Farlo uscire con la OutsideInside è stato praticamente come farcelo uscire da soli perché Meme, il nostro bassista, fa parte dell’etichetta e dello studio. La filosofia di questa etichetta è nata da due band che hanno suonato tanto e sanno più o meno come funziona a questi livelli, siamo in un limbo in cui non guadagniamo poco, ma non abbastanza da camparci, e hanno quindi impostato l’etichetta in cui nessuna delle due parti, la label e la band, prendesse di più, tutto è diviso cinquanta e cinquanta, i soldi dei dischi venduti live e i soldi dei dischi venduti ai negozi. È l’unico modo che penso ci sia adesso per non andare in perdita.

V:In realtà è abbastanza un esperimento, magari tra un anno ci incontriamo e ti diciamo che è andata male, ma per il momento sembra che possa funzionare.

Com’era invece fare parte della Voodoo?
S: Bellissimo. In realtà ne facciamo ancora parte perché probabilmente le edizioni estere di Son Of The Dust usciranno con loro. Anche quest’anno abbiamo suonato a un sacco di festival della Voodoo Rhythm, una volta che entri in quella famiglia non ne esci più. Noi non siamo mai stati fanatici di quel giro, c’è veramente gente incredibile. È una questione di simpatia reciproca più che di sound, perché effettivamente anche col primo disco con la Voodoo Rhythm ci stavamo sì e no, eravamo un po’ una stravaganza.

Ma vi ha contattato Reverend Beat-Man?
S: Sì, all’epoca attraverso King Automatic, un artista francese.

Ho letto un po’ di recensioni di Son Of The Dust apparse tra rete e caetaceo. In una di queste si notava un passaggio da suoni Birthday Party ad altri più simili ai Bad Seeds. Ci sarà quindi anche una fase Grinderman?
S: Probabilmente più mi sforzo a cantare in modo diverso e più melodico, più mi accorgo che sono fatto per gridare che per cantare. In Son Of The Dust mi sono impegnato molto a cercare delle linee vocali che non ricordassero quelle che sono le mie influenze principali, tra cui i progetti di Nick Cave.

V: Ho notato che si continua a rimarcare la nostra prossimità con Nick Cave: è abbastanza palese, perché se cerchi di fare una cosa che suona cattiva e insieme ci metti il cantautorato con quello devi fare i conti. Io parlerei in modo diverso, piuttosto; so che suona spocchioso, ma noi da Nick Cave poi siamo passati ad ascolti più ampi e alla fine sarebbe riduttivo paragonarci solo a questo. Probabilmente abbiamo degli ascolti in comune con Nick Cave come con migliaia di altre persone. (continua nella pagina successiva…)

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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