Nella vostra musica c’è sempre stato un forte legame con la letteratura, da Melville a Blake a Carnevali. In questo album ci sono rimandi letterari? Ad esempio, A Long Goodbye ha a che fare con Chandler?
S: No, quello no. Sicuramente il disco ha avuto delle influenze letterarie però per una volta volevo che la storia fosse mia, non una citazione od imitazione di qualcos’altro. Ho cercato di scrivere un vero e proprio racconto in canzoni. Indubbiamente delle influenze le ho avute, più che altro da Faulkner, che leggo moltissimo da un paio d’anni, e Cormac McCarthy, che è l’erede di Faulkner.
In generale, questa fascinazione per la letteratura da dove arriva? E vi viene facile trasportarla in musica?
S: Forse perché abbiamo fatto il liceo classico… In realtà non so da dove arriva, ho iniziato con un concept album su Melville e poi mi son fatto prendere un po’ la mano. Forse è per voler assimilare ciò che facciamo più a una specie di cantautorato che alla scena garage-rock’n’roll che si vede in giro. Suoniamo garage da vent’anni ormai, e volevamo dire altre cose usando i mezzi che avevamo a disposizione. Alla fine arriviamo da quello, ciò che siamo è il risultato di queste due cose.
La registrazione è avvenuta in una stalla in mezzo ai boschi. Come avete stabilito lì il vostro quartier generale?
S: In realtà è casa di Boto, il chitarrista. Lì c’è la nostra sala prove. È la fattoria dove vive con la sua famiglia e lavora Boto, che fa l’agricoltore. Abbiamo questa stalla, che fino a un anno fa era proprio una stalla. Abbiamo sempre provato lì, e quest’anno Boto l’ha rimessa a nuovo, l’ha ripavimentata, ha fatto dei lavori ed è diventata uno studio di registrazione con il banco, la sala regia. Ha sempre suonato benissimo quella sala, è una stalla con una volta in mattoni.
V: Nel nostro organico abbiamo più fonici che musicisti, quindi, potendo scegliere, abbiamo fisicamente scelto il posto che preferivamo. In uno studio magari è più comodo, però le condizioni non sono quelle, in campagna, tranquilli, è proprio rilassante come situazione. È anche comodo in realtà, visto che ci sono le stanze e la cucina, ma forse avevamo bisogno di un posto del genere, abbastanza bucolico, dato quello che stavamo scrivendo.
La registrazione live è stata fatta per cogliere e mantenere il suono e le sensazioni particolari di cui avete parlato?
V: Sì, anche per quello. Pur essendoci concentrati moltissimo sulla scrittura dei brani, noi siamo una band che ha sempre espresso il meglio dal vivo. Quindi la scelta quando vai in studio è: o registri una cosa complessissima o cerchi di registrarla più semplice. I pezzi portavano all’utilizzo di pochi arrangiamenti, alla ricerca di un suono che fosse il più caldo possibile. (continua nella pagina successiva…)