Un paio di anni fa avete fatto una cover di un brano di Gainsbourg, che non sembrerebbe un artista vicino a ciò che fate. Come è nata quella reinterpretazione?
S: In realtà ha talmente fatto di tutto ed è talmente un genio ed un poeta che lo puoi far rientrare in qualsiasi categoria musicale.
V: Infatti è una nostra influenza abbastanza importante. Credo abbia influito anche il fatto che noi all’inizio suonassimo tanto in Francia: all’inizio lo conoscevamo come è conosciuto in Italia, mentre loro ce lo dipingevano come un genio, sia a livello musicale sia di testi.
Avete fatto diversi split in questi anni. Ce n’è uno che citereste come vostro preferito o come particolarmente importante per voi?
V: Quello con i G.I. Joe probabilmente è il migliore. Oppure il primo, quello con i Feeling Of Love, per noi è stato una pietra miliare, perché poi abbiamo fatto un tour insieme e perché ci sono brani che dovevano finire in un album che poi non è mai uscito e che è stato spezzettato in quello e in altri singoli.
Classica domanda per chi suona molto all’estero: differenze tra il pubblico italiano e quello fuori dai nostri confini?
S: Dipende molto dai locali; nell’ultimo anno, in cui stiamo suonando molto in Italia, ci sono state situazioni molto fighe, però in generale all’estero c’è più supporto, comprano più dischi, più magliette, probabilmente conoscono anche molti più gruppi underground anche italiani, più di quanti ne conosca un italiano della scena estera. Sono molto attenti a quello che si muove nel sottobosco, diciamo. Poi ci sono città che sono sempre iper-calde, soprattutto in Francia, posti come Toulouse o Bordeaux. Infatti abbiamo pensato di fare il grande passo e trasferirci là, senza nulla togliere all’Italia, ma là è più facile, c’è il sussidio e raggiungere lo status di artista non è particolarmente difficile, bastano quaranta date all’anno. Ci credo poi che tutti i musicisti hanno mille progetti…
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