sabato, Aprile 20, 2024

Boxed In – s/t: la recensione

I Boxed In sono il progetto elettronico di Oli Bayston, ex dei mancuniani Keith e poi produttore per gente come Charlie Boyer & The Voyeurs, che facendosi aiutare da altri tre musicisti dell’area londinese, Liam Hutton, Mark Nicholls e Jack Benfield, è giunto a dare alle stampe in questo primo scorcio di 2015 l’eponimo disco di esordio, in uscita per la Nettwerk.
Le due maggiori influenze per la musica di Boxed In sono la house e il krautrock, secondo quanto dichiarato dallo stesso Oli. Le undici canzoni contenute nel disco tentano quindi di trovare il giusto equilibrio tra i due mondi sonori, entrambi basati su ritmi metronomici e ripetitivi, ma in realtà assai lontani per origine, attitudine e finalità.
Il risultato è interessante, anche se non sempre perfettamente a fuoco e fedele agli intenti. La fusione tra i due pianeti house e kraut riesce infatti solo in alcune occasioni, per esempio in No Joke, dove un piano balearic si fa accompagnare da una ritmica secca e teutonica ma comunque in grado di far muovere chi ascolta, o Subtle Knife, dove i bassi di grana grossa, il piano e le percussioni si muovono su schemi ripetitivi col giusto grado di ipnotismo.
Altrove invece è solo uno dei due elementi ad emergere, per esempio in All Your Love Is Gone, dove il motorik la fa da padrone incontrastato, o nessuno dei due, come accade in Mystery, che è electro inglese dagli agganci pop di chiara scuola Hot Chip senza particolari riferimenti house né kraut, o in Sailing, che occhieggia invece al cantautorato neo-soul elettronico di questi ultimi anni.
Tentativo riuscito per metà quindi quello di Boxed In. A sua discolpa dobbiamo dire che l’obiettivo prefissato non era certo dei più semplici, mentre l’appunto maggiore che si può muovere a Bayston e soci è forse quello della mancanza in generale di brani memorabili, soffocati probabilmente dalla ricerca sonora, come se i musicisti si fossero dimenticati che un disco pop è fatto prima di tutto di canzoni e che in questo ambito il sound è un mezzo più che un fine.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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