Ma più in generale, come nasce un tuo pezzo?
Mi piacerebbe darti una versione tardoromantica di me che mi libro dietro un pianoforte a coda in preda alla musa e all’invasamento panico. Ma molto più banalmente, appena ho tempo e un po’ di voglia, mi metto su una chitarrina acustica, e strimpellando delineo qualche lirica, poi assemblo le parole e infine accendo il registratore. Diciamo che il pezzo vero e proprio si sviluppa attorno a questo primo conato. Ma è soprattutto in fase di postproduzione, l’ambito che più mi appartiene, che il brano si traduce in forma compiuta. Poi può capitare che chiami qualche amico a metterci su qualche abbellimento.
E, allora, quanto muta un brano dalla cameretta allo studio?
In realtà io non ho una grande esperienza in studio. Infatti, questa è la prima volta che registro qualcosa in modo più professionale. Di fatto mi sono sempre mosso a casa, con quello che avevo a disposizione. Per questo ultimo disco mi è capitato di vincere un contest, e quindi ne ho ricavato il denaro per andare in studio, diversamente non avrei potuto permettermelo. Sai quanto costa registrare un intero disco in studio? Lasciamo perdere. Digressione a parte, porto l’ossatura del brano in studio, con voce e chitarra, e poi si procede per accumulo. Quindi capita che dica, per esempio, ad Aldo Ammirata: “ascoltalo e vedi cosa ti viene da metterci su”. E di solito, poi, non metto più bocca. Tutto qua.
Spesso i tuoi testi hanno richiami molto visivi, per quanto siano complessi e non sempre intelligibili. Altrettanto spesso affiorano tra le righe, veri e propri goticismi. Riferimenti letterari, cinematografici, artistici, ecc.?
Si, io ho una concezione visionaria dell’arte in genere. Mi piace il cut-up letterario, sovrapporre più piani narrativi… Invece, aborro i significati univoci. Lascio che sia l’ascoltatore a far proliferare senso e significato. La musica è un fatto di cuore, linguaggio di sensazioni e visioni. Se è un fatto di parole, non è musica. Magari è letteratura o poesia. E quello è un altro medium. E certamente mi piace il gotico, tutto ciò che è umbratile e autunnale. Con la letteratura davvero non la finiremmo più: da Patrick McGrath e Günter Grass, a Don De Lillo, passando per Hakim Bey e Osho. E lo stesso per il cinema, da Kubrick a Nicolas Winding Refn, quindi è meglio che non mi dilunghi. (continua nella pagina successiva…)